In questi giorni si discute molto sui temi e le diverse questioni che ruotano attorno alle guerre. Di guerra si parla a livello politico, sociale, finanziario, geografico, civile, sanitario, umanitario… sono molteplici gli aspetti che le guerre toccano e stravolgono, spesso, anche se riguardano in maniera particolare le parti coinvolte attivamente, investono anche gli interessi delle altre nazioni. Pensiamo per esempio a tutte le implicazioni di varia natura che la guerra in Ucraina ha comportato alle altre nazioni, pensiamo al flusso migratorio che è stato assorbito dagli altri territori, pensiamo agli aiuti militari, agli sforzi diplomatici, alle questioni economiche. Uno degli argomenti più dibattuti è proprio quello dei finanziamenti.
Abbiamo visto come spesso gli aiuti monetari da parte delle altre nazioni nei riguardi di quelle coinvolte nei conflitti è di grandissima importanza, potrebbe perfino decidere l’esito di una guerra e, di conseguenza, anche il destino di una nazione e un popolo. Proprio in questi giorni, per esempio, Biden sta pressando la mano per i finanziamenti all’Ucraina che sono stati bloccati dal Senato americano poiché repubblicani e democratici non sono d’accordo al nuovo flusso di finanziamento per aiutare Kiev, mentre per il presidente americano sono assolutamente necessari per impedire un’escalation dell’attacco russo. Anche le sanzioni, che l’Ue ha tanto utilizzato per colpire la Russia, riguardano la sfera economica e sono un valido espediente di guerra. Non a caso in queste ore in una lettera i ministri degli Esteri di Italia, Francia e Germania confermano il loro favore all’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, di creare “un regime sanzionatorio contro i dirigenti di Hamas in solidarietà ad Israele e per contrastare le operazioni terroristiche del gruppo” ed esprimono il loro “pieno sostegno alla proposta che dovrebbe permettere all’Ue di colpire i membri di Hamas”. La richiesta di una rapida adozione del regime sanzionatorio indica l’esigenza di un impegno più forte che sottolinea la necessità di smantellare l’infrastruttura militare e finanziaria di Hamas, isolando e delegittimando il movimento a livello internazionale.
Anche la Svizzera ha deciso di intervenire attraverso i flussi finanziari. Dal mese scorso, infatti, la Confederazione elvetica, insieme a tanti altri Paesi, fa parte di una task force internazionale che combatte il finanziamento di Hamas, la Counter Terrorist Financing Taskforce – Israel (CTFTI), che ha come tra gli obiettivi principali quello di unire e rafforzare gli sforzi per combattere i flussi finanziari internazionali verso Hamas. Ma c’è di più. Il Consiglio federale è stato inoltre informato degli esiti della verifica dei flussi finanziari delle ONG che sono partner del programma di cooperazione per il Medio Oriente 2021-2024, e là dove sono emersi elementi di non conformità, ovvero in tre ONG palestinesi, il Governo ha deciso l’interruzione della collaborazione, cioè non verranno più inviati finanziamenti dalla Svizzera.
Con quello che abbiamo visto in Russia, dove non sono mancate di certo le sanzioni economiche come atto intimidatorio e di isolamento, a poco sono serviti questi interventi “esterni”, perché il conflitto è tutt’ora in atto, per cui non sembra chiaro come nel dibattito politico internazionale sulle guerre si parli soprattutto di questo e di tanto altro, ma mai di quello che sia realmente necessario, ovvero di pace. Bisogna parlare di pace e mettere pace, tutto il resto è contorno, magari necessario ma, come è ormai evidente, per nulla risolutivo. È strano come parlando di cose di guerre, non ci sia mai spazio per parlare di pace.
Redazione La Pagina
1 commento
Come si può sostenere la tesi che le sanzioni per colpire la Russia sono un valido espediente di guerra, quando gli stessi giornali e media americani e molti ancora indipendenti, con dati alla mano dimostrano che l’impatto delle sanzioni si è rivelato indubbiamente dirompente, in particolare per quanto riguarda le ricadute prodotte dall’inaccessibilità ai capitali e alle competenze occidentali, ma si sono rivelate ben lontane dal garantire il conseguimento degli obiettivi prefissati. Potrei scriverci un lungo articolo sui vantaggi e incrementi avuti dalla Russia, rivolgendosi ai mercati asiatici nel settore energetico e l’esportazione di materie prima di cui la Russia primeggia. Anzi l’effetto boomerang sulle nostre economie è stato disastroso, generando effetti a cascata altamente controproducenti per i loro principali promotori, in termini incremento della spinta alla depolarizzazione, di strutturazione di canali di pagamento alternativi a Swift e più in generale di elaborazione di sistemi alternativi a quelli “tradizionali”, dominati dagli Stati Uniti e dai loro alleati-sottoposti. Il commercio russo con l’Occidente è crollato, ma gli scambi commerciali tra la Russia e nazioni asiatiche, mediorientali, latinoamericane e africane sono cresciuti. Anzi, ora molti paesi europei tra cui la Svizzera per l’acquisto di materie prime sono costrette a rivolgersi presso gli Emirati Arabi Uniti per definire la compravendita di carichi di petrolio, gas, carbone, fertilizzanti e grano russi. L’Italia acquista il gregge dalla Tunisia che a sua volta lo riceve dalla Russia, con un aumento del presso pari del 30%. Per non parlare gas naturale liquefatto (gnl) dalle coste americane verso quelle europee che sono cresciute di oltre il 160%. È chiaro a chiunque legga i dati economici che le sanzioni e tutto il resto strangoleranno l’Europa, meno a voi Redazione della Pagina, che dovreste sostenere la tesi che la maggioranza dei cittadini invoca. Basta sanzioni, basta invio armi, basta lucrare con le crisi energetiche e sanitarie e basta al sostegno all’imperialismo angloamericano, e volere poi invocare con ipocrisia la pace, mentre i nostri governi e le aziende che essi appoggiano lucrano sul sangue dei civili di tutte le parti coinvolte.