Appello del padre di Vanessa ai rapitori: “Non fatele del male”
“Rosso, rosso come quel lettino, e sul lettino il corpicino martoriato della bambina di Aleppo le cui gambe sono state polverizzate da un’esplosione. Rosso come le macchie ormai incrostate sulle pareti e il pavimento, nell’angolo della stanza dove vi hanno torturati fino a farvi desiderare la morte, fino a farvi morire in maniera indicibile. Rosso come le braccia di un padre di Douma, un padre che si schiaffeggia il volto e urla chiedendo perché, perché debba abbracciare il corpo massacrato di suo figlio, era solo davanti casa quando è caduto quel colpo, era vivo questa mattina, come potrà dirlo a sua madre? Rosso come il sangue, rosso come il tappeto sul quale ha camminato il bastardo assassino oggi”, questo è il post che Vanessa Marzullo ha pubblicato su Facebook pochi giorni prima della partenza, il 16 luglio, per Aleppo, una città della Siria settentrionale, per seguire insieme a Greta Ramelli un progetto umanitario.
“Le due ragazze sono partite per la Siria il 22 luglio – spiega all’Adnkronos Silvia Moroni, presidente della onlus ‘Rose di Damasco’, una delle ong che sostenevano il progetto ‘Horryaty’ a favore della popolazione siriana, per il quale lavoravano Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. – dopo che il 20 luglio avevamo fatto insieme una serata di raccolta fondi a Como. Il loro progetto è finanziato anche dalle associazioni ‘Ipsia’ e ‘Sos Siria’ di Varese, oltre che da ‘Rose di Damasco’ di Asso, in provincia di Como, e dalla comunità siriana araba in Italia”. Il progetto chiamato “Horryaty”, dice Moroni, “era quello di acquistare kit di pronto soccorso e pacchi alimentari da distribuire al confine. In particolare, avendo loro fatto dei corsi infermieristici, istruivano i ragazzi in materia di pronto soccorso”. La Farnesina ha confermato la notizia della irreperibilità delle due italiane sulla quale stanno lavorando l’unità di crisi e la nostra intelligence. Sono stati immediatamente attivati tutti i canali informativi e di ricerca per i necessari accertamenti. Greta Ramelli e Vanessa Marzullo si trovavano ad Aleppo per seguire progetti umanitari indipendenti nel settore sanitario e idrico. L’unità di crisi ha già preso contatto con le famiglie, che vengono costantemente informate. “Avevamo un appuntamento su Skype, il 31 luglio, ma Greta e Vanessa non erano in linea. Dalla loro partenza, il 22 luglio, ci eravamo sentite tre volte, mi avevano confermato che il progetto nel quale erano impegnate andava avanti, tanto che avevano intenzione di restare ad Aleppo e mi consultavano proprio per l’invio di altri fondi”, così all’Adnkronos Silvia Moroni.
I familiari di Greta intanto si trincerano dietro un “no comment”. Nella casa di Gavirate (in provincia di Varese) la tensione è palpabile, ma rassicura il filo diretto con il ministero degli Esteri. “Per il momento – dicono all’Adnkronos – ci dispiace, ma sulla questione preferiamo non esprimerci, se ne sta occupando la Farnesina, non possiamo dire niente”.
Poche parole anche dal rappresentante ad Aleppo della Coalizione nazionale siriana (principale blocco dell’opposizione al governo siriano di Bashar al-Assad): “Stiamo indagando” dice Ahmad Ramadan, rispondendo a Aki – Adnkronos International. “Non abbiamo altre informazioni oltre a quelle della loro scomparsa”. Secondo la ricostruzione del sito di informazione ‘Syria Mubasher’, le due attiviste italiane “sono state viste per l’ultima volta venerdì primo agosto, prima del rapimento da parte di un gruppo armato sconosciuto dall’abitazione del capo del Consiglio rivoluzionario della zona”. Le ragazze, stando alla ricostruzione, dovevano “rimanere per qualche giorno nella casa”. Secondo l’inviato del sito di notizie, “le due cooperanti erano insieme a un giornalista che è riuscito a sfuggire al sequestro”. “Vanessa è maggiorenne, una ragazza d’oro, brava e responsabile. Con lei ho cercato di ragionare, di convincerla in tutti i modi a non fare quello che aveva in mente. Ma quando ti rendi conto che tutti i tuoi discorsi, i tuoi ragionamenti e alla fine anche tutte le tue preghiere non vengono ascoltate, cosa puoi fare? Non potevo impedirle di fare quello che voleva. Ho sbagliato? Dovevo legarla?”. Inizia così il racconto al settimanale ‘Oggi’, di Salvatore Marzullo, il padre di Vanessa. Ricorda quando la figlia aveva iniziato ad aiutare le vittime della guerra civile siriana e come il suo coinvolgimento fosse cresciuto fino a portare lei e Greta a correre dei gravi rischi andando di persona nel Paese.
“Ma Vanessa e Greta non sono due ragazzine superficiali – dice Salvatore Marzullo – mi ha fatto male in questi giorni leggere e ascoltare commenti di persone che le descrivono così. Vanessa è proprio il contrario. È una ragazza profonda che si immedesima nella sofferenza degli altri e non riesce a stare con le mani in mano”. Marzullo lancia un appello ai rapitori: “Chi ha fatto prigioniere Vanessa e Greta dovrebbe ricordare cos’erano a fare lì. Volevano il bene e sarebbe un dramma se qualcuno le ripagasse con il male”.