La strage di Kabul ad opera di un kamikaze – che si è fatto esplodere con una Toyota imbottita di 150 kg di tritolo provocando la morte di sei militari italiani della Folgore e di 15 civili afgani – segnerà sicuramente una svolta nella guerra in Afghanistan, non tanto per l’Italia, che ha dichiarato per bocca del premier che “un’exit strategy di lunga durata va presa solo insieme agli alleati”, quanto, appunto, per l’intera Nato.
Le elezioni democratiche, per quanto non sostenute da una larghissima partecipazione, ci sono state, ed hanno dato come risultato la vittoria all’attuale presidente Karzai. Le minacce dei talebani di colpire con amputazioni varie coloro che sarebbero andati alle urne sono state messe in pratica, seppure non dappertutto.
Comunque, la percentuale del quasi 40% sta a significare che c’è una voglia di democrazia e di libertà in quelle latitudini; resta, però, il fatto che finora le ingenti risorse dispiegate e i sacrifici umani vanno oltre i pur magri risultati ottenuti.
Le recenti elezioni, inoltre, hanno mostrato i brogli su larga scala, quindi, se la vittoria di Karzai verrà confermata, sarà una vittoria monca che lascerà l’amaro in bocca. In primo luogo perché finora, dopo anni ed anni di guerra, non ci sono stati risultati apprezzabili. In secondo luogo, perché la corruzione è dilagante nella pubblica amministrazione e, quel che è peggio, la tendenza è in aumento. In terzo luogo, perché andando avanti di questo passo, sono i talebani ad essere in grado di dare una svolta alla guerra, ma a loro favore.
La svolta consiste nell’approfittare delle debolezze della Nato per riaffermare il loro predominio sul territorio e seminare paura e morte, al punto da ingigantire i dubbi che serpeggiano in vari Paesi dell’alleanza. Gli attentati dei talebani ora fanno paura. Non che prima non la creassero, ma almeno si potevano scoprire, perché erano o agguati o mine piazzate ai lati delle strade o anche auto che venivano fatte esplodere. Erano attentati molto pericolosi, ovviamente, ma che potevano anche essere evitati. Quelli con il ritorno dei kamikaze no, sono imprevedibili, solo il kamikaze lo sa e può scegliere luoghi e tempi a suo piacimento. La rivendicazione dell’attentato da parte dei talebani, con il macabro messaggio in base al quale tanti altri kamikaze sarebbero pronti a morire, è segno che da ora in poi non tutto sarà come prima.
L’Italia ed altri Paesi ufficialmente e anche praticamente sono in Afghanistan per una missione di pace, per costruire scuole, strade e ponti, per soccorrere le popolazioni civili, per difendere strutture e persone, per istruire e formare gli agenti locali, non per fare la guerra.
E tuttavia sono in una zona di guerra e devono difendersi, come è giusto che sia. Vogliamo dire che o s’intravede una nuova strategia che porti alla vittoria o morire per Karzai diventa un problema.
Da come si sono messe le cose, riflettere sul da fare in Afghanistan, come ha osservato Franco Venturini sul Corriere della Sera, non vuol dire ritornare a casa, perché questa sarebbe una sconfitta inaccettabile non soltanto perché sarebbero vanificati tutti gli sforzi e i sacrifici fatti finora, ma anche perché la vittoria dei talebani e di Al Qaeda sarebbe l’inizio di una nuova epoca di attentati in Occidente. Inaccettabile per noi e per la nostra civiltà.
Noi pensiamo che la decisione di Obama di rinunciare allo scudo antimissile contro l’Iran nella Repubblica Ceca e in Polonia può non far piacere a questi due Paesi (che temono l’invadenza russa), ma se serve a liberare risorse da rivolgere all’Afghanistan è cosa utile.
Non solo perché aiuta il dialogo tra Russia e Usa, ma anche perché i talebani o saranno sconfitti o saranno una spina nel fianco dell’Occidente. La loro sconfitta passa attraverso l’occupazione sistematica del territorio e un controllo capillare della frontiera con il Pakistan e in Pakistan. Va notato che il Pakistan possiede le armi nucleari, quindi sarebbe una catastrofe se cadesse in mano terrorista. Solo quando i rifugi dei terroristi saranno smantellati e quando i talebani saranno dispersi sarà possibile cessare la guerra e ricostruire nella democrazia quella società e quello Stato.
L’America è consapevole di questo ed ha capito che c’è bisogno di almeno altri 40 mila soldati in più; gli Usa l’hanno capito, forse l’ha capito anche l’Inghilterra, che ha il maggior numero di soldati dopo gli Usa, ma non sembra che l’abbiano compreso tutti gli altri Paesi, che hanno un numero di soldati poco più che simbolico. Non è più tempo di far retorica e di essere d’accordo nella speranza che siano sempre gli altri ad aumentare uomini, mezzi e risorse.
C’è bisogno anche di decisioni impopolari e di non tenere in alcun conto lo sciacallaggio degli ultra sinistrorsi che sul web, esultando, hanno scritto “A Kabul è uscito il sei”. È vero che c’è la crisi, ma uno sforzo in più anche gli italiani lo devono fare.
L’alternativa, come dicevamo, è che una vittoria dei terroristi significherebbe una buia prospettiva per l’Occidente e la vanificazione dei tanti soldati finora morti nella speranza di portare la pace in Afghanistan.
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