La legge Brunetta contro i fannulloni non riguarda solo le valutazioni del personale, ma contiene anche norme contro gli atti fraudolenti
Sul decreto attuativo della riforma Brunetta antifannulloni forse il giudizio dovrà essere rivisto, in senso positivo.
In realtà, dalle notizie che stanno emergendo dopo una lettura più accurata e completa del provvedimento (che consta di ben 83 articoli) la legge non introduce soltanto degli organismi indipendenti di valutazione delle singole amministrazioni locali e nazionali, non assegna soltanto, in base all’impegno e al merito individuale, gli incentivi che arrivano anche al 30% dello stipendio, ma affronta come mai era stato fatto prima anche il problema dell’assenteismo e della produttività della pubblica amministrazione.
Se è vero che la class action – cioè la possibilità di denuncia da parte del singolo cittadino o dell’associazione dei consumatori nei confronti dell’impiegato o dell’amministrazione in quanto tale se il livello dei servizi è al di sotto di un certo standard – è stata rinviata al 2010 e dipenderà dal parere motivato del Consiglio di Stato e dell’Avvocatura dello Stato, è vero anche che ci sono norme che vanno ad affondare la lama del coltello in quella che è la vera piaga della pubblica amministrazione: l’assenteismo, la falsificazione dei certificati medici, la farsa delle visite fiscali, l’inamovibilità dal posto di lavoro.
Se il ministro della Funzione Pubblica ha fatto installare i tornelli che registrano l’ingresso e l’uscita del personale, presumibilmente prima o poi ciò avverrà in tutte le altre amministrazioni, ma si sa che entrare e uscire in orario non vuol dire lavorare.
Però sarà già un piccolo deterrente per chi non ha voglia di fare niente.
Se poi si aggiunge il fatto che chi si fa timbrare il cartellino da un’altra persona rischia da uno a cinque anni di carcere e una multa da 400 a 1600 euro, beh, allora il deterrente aumenta.
Anche chi attesta falsamente la propria presenza in servizio mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente rischia il carcere.
Ma procediamo con ordine analizzando anche le altre norme.
Con la legge 133 è stata introdotta la soppressione della cosiddetta “componente premiale dello stipendio”, cioè tra 10 e 12 euro al giorno, dopo i primi dieci giorni di malattia, e già questo pare abbia fatto diminuire l’assenteismo del 40%.
Ora sono state cambiate anche le norme che regolano la visita fiscale, introdotta già dal primo giorno di malattia, anche nei giorni festivi e con un orario più dilatato.
Diventa, insomma, più difficile “mettersi in malattia” e andare lavorare altrove.
Ma come è stato possibile mettere su tutto il sistema delle assenze illegali?
Semplice: con il certificato di malattia rilasciato da medici compiacenti. Con il decreto antifannulloni si assesta un duro colpo a questa pratica fraudolenta.
Il certificato medico falso è punito con una multa da 400 a 1660 euro e con il carcere da uno a cinque anni, sia per chi lo riceve che per chi lo rilascia. Si potrebbe dire: chi stabilisce che quel certificato è falso?
È l’osservazione fatta da Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale dell’ordine dei medici, con un caso reale. Egli infatti, obietta: “Un paziente viene da me e dichiara di soffrire per un forte e persistente mal di testa per il quale gli faccio un certificato con tre giorni di riposo. Quel paziente poi viene trovato dentro un bar che gioca a scopetta o a biliardo. Io che colpa ho?”
La risposta viene dal ministro: “Sono convinto che grazie a questo provvedimento i medici saranno molto più attenti e agiranno con scienza e coscienza”.
In effetti, l’abitudine di tantissimi italiani di farsi rilasciare certificati medici per non andare a lavorare (“mi sono messo in permesso”, si usa dire) presuppone la volontà di due persone, il “paziente” e il medico.
Ora, con la visita fiscale dal primo giorno, con il certificato medico falso diventato reato e con un maggior controllo, tutto l’andazzo attuale, se non scomparirà, diventerà comunque più difficile.
Anche perchè la legge antifannulloni, in caso di ripetute assenze ingiustificate o per ingiustificato rifiuto di trasferimento, per false dichiarazioni ai fini dell’assunzione o della progressione della carriera e anche per prolungato insufficiente rendimento, prevede il licenziamento.
In Italia, come si dice, fatta la legge trovato l’inganno: può darsi che certe pratiche continueranno, ma quanto meno i cittadini onesti si sentiranno più “protetti” e garantiti nella loro probità.