Con una superperizia che non scioglie i nodi sull’ora della morte di Melania Rea si apre il processo contro Salvatore Parolisi
A distanza di un anno e mezzo dal delitto, si torna a parlare del caso Melania Rea, la moglie di Salvatore Parolisi scomparsa il 18 aprile dl 2011 a Colle San Marco e ritrovata uccisa con 35 coltellate a Ripe di Civitella tre giorni dopo. Come si ricorderà, il marito fu arrestato nel mese di luglio e si trova tuttora in carcere, anche se il processo è iniziato nei giorni scorsi con la presentazione delle perizie ordinate dal giudice monocratico. Salvatore Parolisi ha chiesto, infatti, il rito abbreviato che si concluderà entro la fine di dicembre di quest’anno.
Le testimonianze sulla seduta in aula non sono dirette in quanto la stampa non è stata ammessa. Si sa, però, che erano presenti il padre di Melania, il fratello e lo zio materno, Gennaro. Si sa anche che Parolisi non ha guardato le immagini del delitto sul maxischermo allestito per mostrare i risultati delle perizie e si sa anche che il commento dello zio di Melania è stato tagliente: “Le immagini riportate dall’Afghanistan dimostrano che è preparato” a vedere scene di crudeltà. Non ci vuole molto ad immaginare che Salvatore Parolisi è considerato colpevole dai familiari di Melania per il cumulo di bugie che ha detto per nascondere i contrasti con la moglie che aveva scoperto la relazione del marito con l’ex recluta Ludovica Perrone. Con la quale viene intercettato più volte in seguito alla scomparsa della donna e con frasi talmente compromettenti da convincere gl’inquirenti a considerarlo l’unico assassino, specie dopo che il test genetico effettuato sulla saliva di tre operai macedoni che quel giorno si trovavano in un cantiere sul pianoro di Colle San Marco. Secondo l’accusa, l’alibi di Parolisi nel momento in cui è fissata la data di morte della donna non regge; secondo la difesa, non è possibile stabilire con esattezza l’ora della morte. Di qui, la decisione dl giudice di far svolgere una superperizia. La quale non ha sciolto tutti i dubbi. Tutto ruota attorno alla data della morte della donna, ipotizzata con una certa precisione dall’accusa in base alla caffeina rinvenuta nello stomaco di Melania e ai tempi di smaltimento di essa, mentre la superperizia dice che la data della morte è “grandemente incerta” se riferita alla quantità di caffeina riscontrata nello stomaco della donna in quanto “l’aver rinvenuto caffeina nello stomaco consente solo di affermare che la vittima, in un momento imprecisato, prima della morte, ha assunto un alimento che la conteneva” L’entomologo Stefano Vanin, invece, attraverso lo studio delle larve delle mosche, dice che i dati in suo possesso sono compatibili con l’ipotesi che la morte sia avvenuta nella giornata del 18 aprile ma che non è possibile stimare con maggiore precisione il tempo a causa della mancanza di dati precisi e puntuali che avrebbero dovuto essere ricavati dall’applicazione di un protocollo standard di repertamento entomologico e di registrazione delle temperature da applicare nelle fasi di ritrovamento del cadavere.
Il processo ha tutta l’aria di promettere colpi di scena, uno dei quali può essere la fotografia del campo giochi di Colle San Marco che ritrae giovani che dicono di esserci stati, ma la settimana prima, dunque i particolari narrati a suo alibi da Salvatore Parolisi si riferirebbero alla settimana prima.
L’altro colpo di scena potrebbe essere rappresentato dall’amante di Salvatore Parolisi, l’ex recluta Ludovica Perrone, la quale potrebbe essere accusata di complicità nell’esecuzione dl delitto, anche se dalle intercettazioni sembra che lei stessa avesse pensato che in qualche modo l’amante fosse coinvolto. E’ troppo presto ancora per delineare un possibile esito del processo ma dalle bugie dette e poi verificate dagli inquirenti in tempi non sospetti la sua posizione è più simile ad un’ipotesi di condanna che di assoluzione. Nel qual caso, sua figlia Vittoria, dovrebbe essere affidata di nuovo alla patria potestà del padre con il quale, a causa del tempo trascorso e della lunga carcerazione, non c’è, pare, una relazione affettiva (“Non lo riconosce”, dice lo zio materno di Melania).