L’apertura di Monti non ha riscaldato gli animi degli esponenti del Partito democratico
L’ipotesi di un Monti bis dopo le elezioni del 2013 ha ricevuto un vasto consenso sia da parte di Confindustria e Fiat (Marchionne) che da parte sindacale (Bonanni della Cisl) e sicuramente da parte di un’estesa fascia di cittadini. Monti ha dietro di sé buona parte del mondo del lavoro ma quello che più conta sono i giudizi dei leader mondiali, i quali, per dovere di non ingerenza nei fatti interni di altri Stati, non direbbero mai in pubblico una parola chiara, ma si sa, dalle loro reiterate ed interessate domande e dai dubbi sulla tenuta dell’Italia, che tifano per un Monti bis. Questi rappresenta la competenza tecnica e la serietà politica, dunque non è un mistero che all’estero mostrano seri dubbi sull’Italia futura senza Monti.
Il problema è in Italia, perché il Monti tanto apprezzato all’estero è quello che da qualcuno (Casini) è sostenuto a spada tratta e in maniera acritica, da altri, il Pdl, è sostenuto da una metà, e da altri ancora, il Pd, ritenuto da una frangia una specie di leader in pectore (Morando, Veltroni, eccetera) e da un’altra uno che ha assolto al suo compito straordinario assegnatogli dal capo dello Stato ma che dovrebbe farsi da parte per far posto ad un governo politico legittimato dal consenso popolare. Bersani, in particolare, dice che l’”agenda Monti” non potrà più essere interpretata da Monti stesso ma va modificata e gestita dl centrosinistra. Insomma, per il leader del Pd Monti con la fine della legislatura avrà esaurito il suo compito.
I motivi per cui a Bersani non va giù l’ipotesi di un Monti bis sono tanti. C’è innanzitutto l’area ex comunista, di cui fa parte la Cgil e buona parte dell’apparato, che ha visto nelle modifiche dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori un attentato al Dna del partito. Stefano Fassina l’ha detto chiaramente: se il Pd andrà al governo la prima cosa che farà sarà l’annullamento delle modifiche apportate dal ministro Fornero allo Statuto dei Lavoratori. In pratica il Pd vuole ritornare alla situazione preesistente che, almeno per la parte che riguarda l’art. 18, non è cambiata gran che in meglio. Oggi, ma ieri più di oggi, licenziare personale che non fa il proprio dovere, è un’impresa molto difficile in una grande industria, perché alla fine il giudice dà sempre ragione al lavoratore, anche quando questi ruba o sabota la produzione, come è avvenuto in uno stabilimento Fiat. A parole si dice che deve prevalere il merito, ma nei fatti predominano le protezioni a tutti i costi, anche contro ogni evidenza. Il Pd ha approvato la riforma dl mercato del lavoro perché altrimenti il governo Monti sarebbe caduto, ma sa benissimo che Vendola ha promosso un referendum per abrogarla. Dunque, per non inimicarsi il favore degli operai, deve fare la concorrenza al leader di Sel, ma in questo modo l’agenda Monti andrà a farsi benedire.
Lo stesso discorso vale per la riforma Fornero delle pensioni. Il Pd ha già presentato, a evidente scopo elettorale, le modifiche alla legge approvata quest’anno. C’è chi ha addirittura sostenuto il ritorno alle pensioni di anzianità. Ecco, il Pd non vuole Monti bis, perché non vuole governare nel solco di Monti ma azzerando in parte quel che ha fatto Monti e che l’Europa chiedeva e chiede. C’è poi un altro motivo fondamentale per cui il Pd non vuole sentir parlare di un Monti bis ed è di tipo elettorale. Infatti, con la crisi del Pdl, con la scissione di Fini e il fossato scavato tra Pdl e Lega, il partito di Bersani “vede” la vittoria del centrosinistra. Non sappiamo se si tratta di una previsione basata sul solido, ma è certo che un successo del Pd è probabile, non tanto per merito del Pd stesso quanto per demerito del centrodestra. In ogni caso, il Pd pensa di vincere e allora il ragionamento è uno solo: perché con la vittoria a portata di mano devo sostenere un Monti bis? Infatti, a che pro fare le primarie e litigare se poi il vincitore, candidato ad essere premier, se eletto, del nuovo governo, di fatto dovrebbe rinunciare a favore di Monti? Il ragionamento è logico, anche se poi tutto sta a vedere se l’eventuale vittoria si tradurrà anche in un governo duraturo ed efficace.
Monti premier non potrebbe reggersi solo sul Pd, ma anche sull’Udc, e sin qui nulla di male. Il guaio è che Vendola non potrebbe mai sostenere Monti, per cui l’operazione avrebbe bisogno di un terzo piede, quello del Pdl. Ed è qui il problema. Adesso Pdl, Pd e Udc sostengono Monti, ma è un’alleanza da stato di necessità, dopo dovrebbe essere un’alleanza vera e propria e il Pd non vuole e non può fare un accordo di legislatura con il Pdl. In sostanza, ogni volta che il Pci-Pds-Ds-Pd ha fatto un accordo di unità nazionale l’ha fatto in maniera strumentale, cioè per raggiungere determinati fini, perché in fondo molta parte del partito è legata ad una tradizione di odio verso l’avversario, ritenuto inferiore moralmente e culturalmente. Non sopporta Renzi, figuriamoci chi non è del Pd.
Dunque, il Pd ha chiuso ad un Monti bis perché non vuole la continuità con Monti, e se non lo vuole il Pd, difficilmente ce la faranno gli altri, perché tutto dovrebbe passare attraverso una ricomposizione o un rimescolamento delle carte all’interno del centrodestra, cosa che è difficilmente immaginabile.
Il Monti bis ha dunque vita dura già in partenza.