“Allarme Ebola” in Europa dopo l’estensione del virus in Guinea e i paesi limitrofi, preoccupazioni per gli immigrati che sbarcano in Sicilia
È da almeno dieci anni che le agenzie di intelligence di tutto il mondo lanciano il rischio del bioterrorismo. Questa nuova ondata del virus Ebola, che si caratterizza con il ceppo “Zaire”, il più virale, potrebbe anche rientrare proprio nella casistica degli attacchi bioterroristici. L’epicentro della nuova infezione è la Guinea, dove dal 7 aprile sono stati registrati 151 casi con 95 decessi accertati. L’Ebola sta già camminando nel centro Africa e ha colpito in Sierra Leone, Mali e Liberia. Secondo la classificazione di rischio dell’Organizzazione mondiale della Sanità, l’epidemia del 2014 è classificata come “serious public health impact”, come “evento raro, insolito o inaspettato” ed a rischio, seppure basso, di “diffusione internazionale”. L’epidemia non era stata prevista dalle autorità mondiali del settore sanitario.
I primi pazienti che hanno sconfitto il virus dell’ebola sono stati dimessi dai centri di Medici senza frontiere (Msf) in Guinea. Ma l’emergenza – si legge in una nota – continua, gli ultimi dati ufficiali parlano di 101 decessi e 157 sospetti e l’organizzazione medico-umanitaria sta rafforzando la propria azione. ”Medici senza frontiere è scesa in campo fin dai primi giorni dell’emergenza, inviando in Guinea oltre 60 operatori internazionali e 40 tonnellate di materiale”, ha detto Gabriele Eminente, direttore generale di Msf, che ha lanciato un video-appello sul web. ”Stiamo ottenendo importanti risultati – ha proseguito – ma l’emergenza continua e servono molte risorse”. In questo periodo in cui arrivano migliaia di migranti nelle coste siciliane, il Ministero della Salute in una prima nota del 4 aprile parlava di un possibile allarme legato al virus Ebola.
Dalla Sicilia ci arrivano messaggi preoccupanti della gente che ha paura di un’eventuale epidemia sull’isola, secondo alcune notizie la preoccupazione diffusa non viene presa sul serio, “pertanto gli immigrati, ammassati nei nostri palazzetti dello sport e, in generale, in certi grandi della provincia di Agrigento – ma anche in altre parti della nostra Isola – disgraziatamente per tutti loro, oltre che per noi, possono benissimo infettarsi tra di loro ed infettare intere comunità, soprattutto quando sfuggono ai controlli sanitari, allorquando riescono a scappare” si legge su linksiclia.it e continua “Un silenzio assordante ed insopportabile, vista la gravità dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo! E dire che si tratta di migliaia di disperati che fuggono, lo ribadiamo, ancor prima che si effettuino su di loro i dovuti controlli sanitari! Di fatto, non esiste la quarantena per chi arriva in Sicilia, a tutela delle popolazioni locali”.
Intanto però arrivano le rassicurazioni dal Ministero italiano della Salute riguardo un temuto ”allarme Ebola” nel nostro Paese. ”In merito a quanto diffuso da organi di informazione sull’epidemia di malattia da Virus Ebola – si legge in una nota ministeriale del 11 aprile 2014 – che dopo i primi focolai in Guinea sta interessando alcuni Paesi limitrofi dell’Africa occidentale (Liberia, Sierra Leone, Mali). Il Ministero ”sottolinea che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non raccomanda, al momento, restrizioni di viaggi e movimenti internazionali di persone, mezzi di trasporto e merci. Il rischio di infezione per i turisti, i viaggiatori in genere ed i residenti nelle zone colpite, è considerato molto basso se si seguono alcune precauzioni elementari, quali: evitare il contatto con malati e/o i loro fluidi corporei e con i corpi e/o fluidi corporei di pazienti deceduti oltre alle altre semplici e generiche precauzioni sempre consigliate in caso di viaggi in Africa Sub-sahariana quali ad esempio, evitare contatti stretti con animali selvatici vivi o morti, evitare di consumare carne di animali selvatici, lavarsi frequentemente le mani”. ”Pur in presenza di un rischio remoto di importazione dell’infezione (va in proposito ricordato che l’Italia, a differenza di altri Paesi Europei, non ha collegamenti aerei diretti con i Paesi interessati dall’epidemia) il Ministero della Salute italiano – prosegue il comunicato – ha dato per tempo disposizioni per il rafforzamento delle misure di sorveglianza nei punti di ingresso internazionali (porti e aeroporti presidiati dagli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera – USMAF) e sono state date indicazioni affinché il rilascio della libera pratica sanitaria alle navi che nei 21 giorni precedenti abbiano toccato uno dei porti dei Paesi colpiti avvenga solo dopo verifica, da parte dell’USMAF, della situazione sanitaria a bordo. Per ciò che concerne gli aeromobili è stata richiamata la necessità della immediata segnalazione di casi sospetti a bordo per consentire il dirottamento dell’aereo su uno degli aeroporti sanitari italiani designati ai sensi del Regolamento Sanitario Internazionale 2005”.
Un’epidemia in corso in Guinea aveva generato qualche timore per il diffondersi anche in Europa del virus di Ebola. In circa 40 anni dalla sua scoperta, epidemie circoscritte a piccoli focolai in Africa centrale hanno colpito, complessivamente, un migliaio di persone. Ora il virus ha iniziato a diffondersi anche in grandi e popolose metropoli, come la capitale della Guinea e altre città di Sierra Leone, Liberia, Senegal, mettendo a rischio milioni di persone. Il codice rosso è scattato negli aeroporti europei di Parigi, Bruxelles, Madrid, Francoforte e Lisbona, principali scali dei voli provenienti dall’Africa. ”Questa è la vera novità rispetto ai passati 40 anni di piccole epidemie – racconta Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI-Associazione Microbiologi Clinici Italiani -: purtroppo questa volta il virus non si è fermato ai villaggi rurali, ma ha iniziato a diffondersi in un grande centro urbano dove vivono due milioni di persone e si tratta del ceppo più aggressivo. L’isolamento dei casi non basta, è fondamentale tracciare la catena di trasmissione. Tutti i contatti dei pazienti che potrebbero essere stati contagiati dovrebbero essere monitorati e isolati al primo segno dell’infezione. Il virus Ebola si contrae attraverso il contatto diretto con persone e animali infetti e tramite sangue, urina, latte materno. Dopo un periodo d’incubazione che va dai 2 ai 21 giorni, il virus causa una febbre violenta, mal di testa, dolori muscolari, congiuntivite e fiacchezza generale, sintomi che molto spesso fanno pensare alla malaria e fanno iniziare il trattamento col chinino. In un secondo momento, il paziente ha vomito, diarrea e talvolta rash cutaneo. Il virus si diffonde nel sangue causando problemi di coagulazione ed emorragie gravissime. Familiari e operatori sanitari che curano i pazienti sono a elevato rischio di contrarre l’infezione.
L’Ebola è associata a un alto tasso di mortalità e non esistono cure specifiche né vaccini. Ma le possibilità di sopravvivenza per i pazienti aumentano se ricevono cure adeguate contro la disidratazione e le infezioni secondarie. È successo a Rose, 18 anni, la prima paziente alla quale è stato permesso di lasciare il reparto medico di Msf a Gue’cke’dou, nel sud-est del paese, che dopo oltre 10 giorni trascorsi nell’unità di isolamento ha potuto abbracciare l’infermiera che si è presa cura di lei e i suoi cari ”perché ora è guarita e non rappresenta un rischio per nessuno”.
L’Unicef, in collaborazione con i Ministeri della Salute e altri partner in 7 paesi dell’Africa Orientale, sta portando avanti – attraverso sms cellulari, programmi radiofonici e televisivi e iniziative porta a porta – una campagna di informazioni salva vita per cercare di contenere il virus mortale Ebola. ”La maggior parte delle persone in questa parte del mondo non hanno mai sentito parlare di Ebola prima”, ha dichiarato Guido Borghese, Consigliere Unicef per la salute e lo sviluppo dei bambini – Ufficio regionale dell’Africa centrale e orientale. ”In questi ambienti, paure infondate e false credenze si diffondono ampiamente e con velocità. Più che mai, è fondamentale che le famiglie conoscano il modo corretto per proteggersi, per prevenire dicerie pericolose”. L’Unicef con partner come la Croce Rossa e l’OMS, sta pianificando una serie di attività e strategie di comunicazione per far conoscere la pericolosità dell’Ebola, a livello di base, nei 7 paesi a rischio o colpiti dal virus in Africa Orientale.