La poesia, secondo la definizione del Vocabolario della lingua italiana di Devoto-Oli è «l’espressione metaforica di contenuti umani in corrispondenza di peculiari schemi ritmici e stilistici». Wikipedia specifica meglio il senso come «forma d’arte che crea con la scelta e l’accostamento di parole secondo particolari leggi metriche un componimento fatto di frasi dette versi, il cui significato semantico si lega al suono musicale dei fonemi. La poesia ha quindi in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere concetti e stati d’animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa». Sembra strano, ma la poesia che si avvale dell’uso di determinate scansioni, sonorità, simboli, allusioni, allegorie non di immediata comprensione, e quindi non è un richiamo per tutti, è nata prima della scrittura, che può, invece, essere semplice, diretta, alla portata di chiunque. I primi lavori poetici erano orali, come l’antichissimo canto a batocchio dei contadini e le esibizioni dei cantastorie e dei menestrelli. «Nell’età romana la poesia si basava sull’alternanza tra sillabe lunghe e sillabe brevi: il metro più diffuso era l’esametro. Dopo l’XI secolo il volgare, da dialetto parlato dai ceti popolari, viene innalzato a dignità di lingua letteraria. In Italia la poesia nel periodo di Dante e Petrarca, si afferma come mezzo d’intrattenimento letterario e assume forme prevalentemente scritte. Nella tradizione retorica dell’antichità classica fino all’età romantica la poesia è per Dante fictio rhetorica musicaque poita (…) con i caratteri della suggestività musicale, della forza evocativa, della creatività fantastica, dell’intensità patetica, della ricchezza del pensiero (…) Con il Romanticismo incomincia a determinarsi un nuovo concetto di poesia: in rapporto con le nuove sistemazioni filosofiche dell’idealismo tedesco e con una meditazione estetica fondata su un’esaltazione dell’arte come momento della vita dello spirito, viene ad assumere un valore quasi mistico, di rivelazione allusiva del ritmo profondo della vita dell’universo, di formula misterica attraverso la quale è possibile agli iniziati cogliere i nessi ultimi delle cose (…) Nel XIX secolo, con la nascita del concetto dell’arte per l’arte, la poesia si libera progressivamente dei vecchi moduli e compaiono sempre più frequentemente componimenti in versi sciolti (…) Negli ultimi anni il termine poesia ha finito ad indicare un tipo di discorso letterario contraddistinto dalla concentrazione verbale, dall’estrema sperimentalità e audacia dell’invenzione della parola e degli oggetti, dalla varietà del segno». (Grande Dizionario UTET).
Ma quale rapporto hanno i lettori con la poesia? Al riguardo, il saggista e filosofo Giusppe Di Giacomo ha scritto: «La parola poetica è una parola che, in modo paradigmatico, fa l’appello all’altro e che aprendosi all’altro, istituisce un dialogo di fatto inesauribile (…).Essa si offre come un dono, un dono che ci obbliga ad un infinito comprendere e ri-comprendere, e quindi ad un dialogo senza fine».
Noi preferiamo ricorrere all’idea di poesia quando osserviamo le immagini di due ragazzi che si baciano, di una madre che accarezza il proprio bimbo, di un alpinista che raggiunge una vetta immacolata delle Dolomiti, di una vela bianca che appare sull’orizzonte infinito del mare azzurro, di un tramonto che scende su una coppia di anziani sposi, teneramente abbracciati nella battigia. Quando proviamo un profondo rapimento estetico leggendo «Il Canzoniere» del Petrarca, i sonetti di Shakespeare o «L’infinito» di Leopardi; se ascoltiamo «Eine kleine Nachtmusik» di Mozart, le Fughe di Bach, «Le quattro stagioni» di Vivaldi o, musica non inferiore per inventiva e ispirazione, «Emozioni» di Battisti, «Caruso» di Dalla, «Marinella» di D’Andrè; ogni volta che ammiriamo i capolavori dell’impressionismo francese, i quadri di Van Gogh e Gauguin, le Madonne di Raffaello, «La Primavera» del Botticelli o «La pietà» di Michelangelo.
Subito pensiamo alla bellezza della poesia allorché la nostra anima parla dei sentimenti più nobili e ammiriamo il firmamento stellato, l’eterno silenzio dell’universo che ci rende più umili e umani. Quando l’arcobaleno appare nella volta celeste e ci indica le strade della concordia, della pace, dell’amore.
Paolo Tebaldi