È ancora in grado l’economia di trovare le soluzioni alle problematiche politiche?
“Economia e sfide della politica”: questo il tema della giornata di studio organizzata dalla Facoltà di Scienze Economiche e dal dipartimento Executive MBA della Università della Svizzera Italiana-USI di Lugano. I lavori, avviati dal rettore Boas Erez, hanno subito evidenziato i principali argomenti del dibattito: perché gli economisti faticano a farsi comprendere? perché la propaganda politica sembra ignorare il debito pubblico? come interpretare lo scontento degli elettori? e, quando i conti non tornano: l’economia è ancora in grado di trovare soluzioni? Si è osservato che le dinamiche economiche, sociali, e di riflesso politiche, sembrano tutte muovere da un medesimo presupposto: il consumo e la produzione di beni. Infatti, come i consumatori-elettori rifiutano nornative che compromettono il loro benessere, cosi’ anche la grande industria è insofferente a riforme dannose per la produzione, e dunque ai bilanci aziendali.
I risultati li conosciamo. Costretta tra il dire ed il fare, la politica risolve i problemi, semplicemente: rinviandoli. Ed ecco che la responsabilità dei deficit statali viene spostata alle future generazioni. Ciascuno degli esperti del mondo della finanza, della politica e gli studiosi, italiani e svizzeri, presenti alla conferenza ha proposto una sua soluzione. Ma, in particolare, due degli ospiti intervenuti, Elsa Fornero ed Alessandro Galimberti, hanno spostato l’ attenzione del pubblico su un preciso interrogativo che è poi quello che maggiormente interessa ai nostri lettori: in Italia a che punto si trova il rapporto tra politica ed economia? Elsa Fornero già Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali tra il 2011 ed il 2013, è ricordata per una sua riforma che, tra l’altro, facilito’ il licenziamento dei lavoratori ed aumento’ l’età pensionistica per arginare il deficit dei conti pubblici italiani, già allora allarmante e sottostimato dal precedente governo Berlusconi. Ma è altrettanto doveroso ricordare che la Fornero agiva come ministro “tecnico”, il cui mandato rispondeva alla arida logica dei fatti e non alla ideologia di un partito.
“Ho accettato”, ricorda la ex ministro, “perché ai quei tempi l’Italia attraversava una crisi finanziaria gravissima. Mi venne proposto il ministero del lavoro. Con un’ora di tempo per decidere. Come docente esperta dei sistemi previdenziali internazionali, ero veramente convinta che il paese fosse pronto a superare i precedenti vent’anni in cui la politica si era concentrata sul berlusconismo ed anti-berlusconismo”.
“Purtroppo in Italia- ha osservato la Fornero- oggi come in passato, anche a livello ministeriale, si fatica a raggiungere una visione di insieme in campo economico. E, di conseguenza, la si comunica in modo caotico agli elettori: non tutti i dati vengono portati alla conoscenza di un ministro. Neppure le stesse amministrazioni governative si parlano fra loro”. In ogni caso, ha aggiunto la Fornero, “decisi di proseguire con la mia riforma. I partiti non si opposero. Per un ministro le riforme si realizzano non solo quando approvate dal parlamento, ma anche quando la società ne comprende i motivi e quindi cambia i suoi comportamenti”. E siamo al punto cruciale: se queste sono le intenzioni, allora perché in Italia le cose sembrano non cambiare mai?
Una spiegazione l’ha proposta Alessandro Galimberti. E’ il presidente dell’ordine dei Giornalisti della Lombardia, ma anche responsabile della sezione “Norme e Tributi” del primo giornale economico nella vicina Repubblica: Il Sole 24 Ore. “In Italia esiste una parte poco trasparente e resistente al cambiamento. Una casta. Che detiene il potere, ma che non è politica e sfugge anche ai nuovi governanti populisti”, ha commentato Galimberti, che ha proseguito: “questo rende estremamente difficile amministrare il paese. Il governo o il parlamento producono le leggi. Ma nella mia professione poi mi rendo conto che i testi in entrata, cioè quelli approvati dal Consiglio dei ministri, e quelli in uscita, che effettivamente diventano legge, nella versione finale sono cambiati da cavilli che spesso ne stravolgono il significato”. Una possibile soluzione al circolo vizioso che in Italia ancora esiste tra elettorato, politici, economia, studiosi, e deficit pubblico sarebbe riformare il vero motore per la prosperità del paese: il lavoro. Affinché torni ad essere inclusivo per tutte le categorie sociali, specie per il mondo femminile. Quindi, ha osservato la Fornero, “piu’ che pensare a rimpiazzare il lavoratore anziano con un giovane in una economia che tutela un numero fisso di impieghi, in Italia dovremmo tornare a domandarci come offrire migliori opportunità per tutti”. La gente si sentirebbe piu’ garantita se si vedesse proporre un lavoro oggi: piuttosto che vedersi promettere una pensione tra molti anni. Ma questo, ha commentato la Fornero “purtroppo i nostri politici ancora non lo vogliono capire”.
A complicare la situazione ora si pongono nuovi ostacoli all’orizzonte: “l’economia si sta digitalizzando”, ha ricordato Alessandro Galimberti: “ ormai le maggiori aziende internazionali appartengono al mondo informatico che sfugge ad ogni regolamentazione ed imposizione fiscale creando un vuoto nei bilanci fiscali degli Stati. La digitalizzazione trasforma il lavoro in una sorta di dedizione continua e senza alcuna tutela. Per esempio: il mondo della carta stampata si vede sottrarre le notizie dal web che poi le offre gratuitamente ai lettori insieme alla pubblicità digitale. E’ chiaro che una economia tradizionale si trova inaridita da queste nuove forme di commercio. Perché lasciano irrisolti i deficit fiscali e gli squilibri sociali che creano agli stati. Ma le cui conseguenze in prospettiva potrebbero diventare addirittura problematiche per le nostre stesse democrazie.”.
Andrea De Grandi