La paralisi e i bizantinismi cui stiamo assistendo da alcune settimane sono emblematici di ciò che è l’Italia nei suoi vari aspetti della vita politica, economica, culturale, sociale e chi più ne ha, più ne metta. In ogni settore, in ogni campo è più o meno così, e non è vero che ci sono partiti migliori e peggiori, sostanzialmente il tratto identitario degli italiani è che rendono inefficiente ciò che potrebbe e dovrebbe essere efficiente, rendono complicate le cose semplici, costose le cose che non lo sono, e via di questo passo, secondo un andazzo di cui si stanno pagando le amare conseguenze.
Prendiamo il settore della cultura e dell’arte: abbiamo dei tesori e non li sappiamo sfruttare, preferiamo sperperare milioni piuttosto che conservare, abbellire, valorizzare. A Londra la mostra dei reperti di Pompei ed Ercolano è stata un successo, di pubblico e di introiti, più di otto milioni di euro. Ecco le dichiarazioni di Teresa Elena Cinquantaquattro, capo della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei: “I circa 350 reperti del British Museum sono tra i più significativi recuperati negli scavi borbonici, ma anche alcune importanti novità emerse dalle più recenti indagini. Una parte del materiale è abitualmente esposta al Museo archeologico di Napoli, l’altra è conservata presso i depositi di Napoli e Pompei”. Da notare che una parte dei reperti esposti a Londra normalmente si trovano nei magazzini a Pompei e a Napoli, cioè dove nessuno li vede e dove nessuno sa che esistono. E’ così per molti musei italiani. Avessero gli svizzeri i tesori che ci sono in Italia, quella culturale e archeologica basterebbe a fare dell’intero Paese una fonte di bellezza e di ricchezza. Da noi, invece, si è capaci d’impoverire ciò che è ricco e di deturpare ciò che è bello.
Il sito archeologico di Pompei è la più luminosa finestra sull’antichità, ma non c’è mese che non cada un muro o una villa romana, tra l’indifferenza e l’assenza del personale che dovrebbe vigilare e invece è intento alle proprie comodità.
E’ noto che i visitatori sono circa 15 mila al giorno, il biglietto d’ingresso costa 11 euro per gli adulti e 6 euro per gli studenti. Facendo una media di 9 euro, le entrate sono 135 mila euro al giorno, cioè più di 4 milioni al mese, dunque più di 48 milioni all’anno. I dipendenti addetti alla custodia e alla manutenzione sono 300, per una spesa di poco meno di 12 milioni calcolando uno stipendio lordo di 3 mila euro al mese. Vogliamo dire che il sito archeologico si finanzia abbondantemente solo con il numero attuale di visitatori, con un sovrappiù di più di 35 milioni l’anno. Senza contare i contributi ministeriali e quelli provenienti da ristorazione e materiale illustrativo. Invece, non ci sono mai soldi né per la manutenzione ordinaria, né per i vari progetti di restauro e di ricerca. La Casa dei Vettii è chiusa al pubblico e ingabbiata con ponteggi da 12 anni. Sono chiusi da anni, dopo che la restaurazione è costata milioni di euro nei decenni passati tutta una serie di Domus, da quella del Centenario a quella del Lupanare piccolo, dall’Antiquarium di Pompei a quello di Ercolano. Il personale marca visita in ragione del 50% e viene protetto, le guide sono appannaggio di organizzazioni abusive, e guai a mettere in questione i “diritti acquisiti” delle nostre leggi. Insomma, le bellezze italiane sono territorio di conquista e di privilegi di organizzazioni politiche, sindacali, sigle, imprese, enti, confraternite e club vari, tra l’impotenza dei cittadini. Altrove dal nulla creano, costruiscono, offrono e ricevono. In Canada esiste lo stessissimo sistema sanitario che è in vigore in Italia, solo che in Canada funziona per gli ammalati, in Italia funziona solo per i medici e faccendieri.
Pompei crolla in Italia, rivive a Londra. Pompei rappresenta – e non da adesso – bene la metafora dell’Italia e degli italiani.