A Gaza folla di mezzo milione di palestinesi di Al-Fatah per il 48.mo anniversario della fondazione del partito. La manifestazione permessa dagli avversari che si riconoscono in Hamas
Potrebbe scoppiare la pace: non in tutto il Medio Oriente, ma in una porzione di esso, tra i palestinesi di Al-Fatah, con Abu Mazen presidente in Cisgiordania e leader che ha preso il posto di Arafat e che guida la parte moderata, e quelli di Hamas, l’organizzazione estremista che governa la Striscia di Gaza e che è causa prima degli scontri armati con Israele, su cui vengono lanciati razzi quotidiani.
Abbiamo detto “potrebbe scoppiare la pace”. Infatti, tra le due fazioni che si riconoscono in Al-Fatah e in Hamas non corre buon sangue. Alcuni anni fa nella Striscia di Gaza riconsegnata ai palestinesi da Israele la vittoria è andata ad Hamas, al punto che Abu Mazen fu addirittura espulso dalla Striscia. Era il 2007, e da allora mentre Al-Fatah ha cercato la trattativa con Israele, Hamas ha cercato la guerra, e non si sono mai incontrati, ma solo scontrati. I peggiori nemici dei palestinesi sono essi stessi, gli uni contro gli altri in uno scontro tra moderati e estremisti, mai risolto.
Come si ricorderà, negli ultimi tre anni, tra Hamas e Israele ci sono stati due scontri. Il primo, nel 2009, quando Israele, stanco dei continui lanci, invase la Striscia, costringendo Hamas a chiedere l’armistizio. Il secondo è avvenuto l’autunno scorso, quando ai razzi di Hamas Israele ha risposto con un blitz che ha polverizzato il leader dei servizi segreti. Ne sono succedute rappresaglie da ogni parte, fino alla richiesta di una tregua favorita dall’intermediario di Obama, l’egiziano Morsi. Forse si ricorderà pure che Hamas, malgrado le perdite, abbia gridato alla vittoria, ma in realtà è stata una sconfitta che ha fatto abbassare la testa agli estremisti.
Contemporaneamente, da parte di Abu Mazen, si è perseguito un obiettivo essenzialmente politico: il riconoscimento dello Stato della Palestina da parte dell’Onu. Quest’obiettivo è stato mancato. Addirittura non ci fu nemmeno votazione, e sembrò che la stella di Abu Mazen fosse al tramonto. Ad opporsi fu proprio Hamas, che si sentiva scalvalcato dall’iniziativa di Abu Mazen, anche se all’Onu furono in tanti, malgrado in seno al Consiglio di sicurezza erano pronti comunque i veti.
Dunque, fallito il primo obiettivo, Abu Mazen non si è rassegnato, ha ripiegato sull’obiettivo B, cioè la richiesta della Palestina come osservatore permanente non membro. Qui, Abu Mazen ha centrato l’obiettivo, perché la mozione è stata approvata a schiacciante maggioranza. Non che cambi molto la situazione: la Palestina è osservatore permanente allo stesso modo come lo è il Vaticano, ma dal punto di vista politico è stato un successo che non sarebbe restato – e non lo è stato – senza conseguenze.
Ciò che è accaduto nei giorni scorsi ne è la riprova.
Ai festeggiamenti del 48.mo anniversario della fondazione di Asl-Fatah, Abu Mazen ha chiesto che essi potessero avvenire anche nella Striscia di Gaza e Hamas ha acconsentito. Abu Mazen non si è fidato e se ne è rimasto nel palazzo presidenziale a Ramallah, ma ha potuto parlare ai militanti palestinesi della sua formazione politica via tv, e anche questo è stato concesso da Hamas. Insomma, Hamas ha concesso ciò che non ha mai concesso dagli inizi degli scontri.
Ma il fatto politico importante è che a radunarsi in piazza Al-Soraya a Gaza sono stati in molti: circa un milioni le stime di parte, circa mezzo milione quelle della polizia di Gaza, comunque una partecipazione enorme, che sta a dimostrare che Hamas sta perdendo influenza, che i palestinesi ne hanno abbastanza degli scontri armati continui con Israele, che c’è voglia di pace non solo tra i palestinesi, ma anche tra loro e gli altri.
Questa enorme partecipazione di popolo, le concessioni di Hamas e le risposte di Abu Mazen, che ha elogiato la polizia di Hamas nell’assicurare l’ordine, fanno sperare che qualcosa stia cambiando e che i palestinesi abbiano cominciato a riunirsi più che a restare divisi.
I vantaggi sono evidenti. Israele, nella trattativa sul riconoscimento dei due popoli-due Stati avrà meno alibi e più responsabilità se la trattativa continuasse a fallire. Insomma, non potrebbe più invocare il fatto che Hamas non riconosca Israele, specie se, come è possibile immaginare, Hamas, alle prossime elezioni, perderà la maggioranza a Gaza, mettendo il bavaglio all’ala militare dei palestinesi.