Dopo la sentenza Eternit, la procura di Torino vuol procedere per omicidio volontario in altri processi. Il pm Raffaele Guariniello propone una struttura sull’esempio dell’antimafia
Appena si sono spenti i riflettori sul processo Eternit a Torino, conclusosi con una sentenza di condanna per disastro doloso a sedici anni di carcere per i proprietari, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier, 91 anni, altri se ne sono accesi sul nuovo processo che vede alla sbarra gli stessi imputati già condannati in primo grado. I quali ricorreranno in appello, ma sui quali penderanno altri processi, con la procura di Torino che ha intenzione di procedere con l’accusa di omicidio volontario. In pratica ogni nuova vittima andrà ad incrementare il dossier a carico dei proprietari dell’Eternit. In pratica, sono circa duemila le vittime dell‘amianto a Casale Monferrato e dintorni, morti tra atroci sofferenze. E‘ comprensibile la soddisfazione dei parenti per aver visto riconosciuti i danni (95 milioni di euro) e soprattutto perché è stata accertata la causa della morte dei loro congiunti, dovuta, appunto, all’amianto impiegato nella fabbrica e utilizzato anche nelle abitazioni o buttato in discariche senza il trattamento dovuto, che ha causato una terribile malattia, il mesotelioma pleurico, che non solo non perdona, ma provoca, come detto, atroci sofferenze. Intere famiglie sono state distrutte. E‘ la seconda volta in Italia, dopo il processo alla Thyssengruppe, che viene riconosciuta la colpevolezza diretta e non solo una generica colposità per quel che riguarda le morti sul lavoro o per insicurezza sul lavoro. Con la legge257/92 l’amianto fu riconosciuto come materiale che procurava la morte e dunque bandito, ma lo Stato impose alla regioni un censimento dei siti contaminati da amianto, compresi gli edifici privati. Ecco i numeri: 27 mila i siti censiti, 320 i siti parzialmente bonificati. Le Regioni che hanno provveduto alla mappatura dei siti sono 11, quelle che hanno consegnato una mappatura incompleta sono il Trentino Alto Adige, il Veneto, il Lazio, la Campania e la Puglia; quelle che non hanno consegnati i dati sono due, la Calabria e la Sicilia.
Sono 30-40 i milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto ancora presenti in Italia; sono 12 i milioni di tonnellate di lastre in cemento amianto che coprono edifici industriali, agricoli, pubblici ma anche privati; sono tremila le persone che si ammalano ogni anno a causa dell’amianto. Insomma, una strage e una bomba ecologica. Le dimensioni del pericolo hanno suggerito al sostituto procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, colui che in questi anni ha svolto indagini accurate e coordinate da vari esperti e ha difeso la causa dei sopravvissuti in ricordo della dignità di coloro che sono morti, di lanciare una proposta che in questi giorni sta approdando a risultati concreti: quella di istituire una superprocura nazionale sulla sicurezza sul lavoro. Di superprocura ne esiste già una, quella antimafia, che coordina indagini e dati, ora potrebbe nascerne un’altra con al centro la sicurezza sul lavoro. In Italia ogni anno muoiono circa 1300 persone per infortuni sul lavoro. Spesso si eludono l norme sulla sicurezza o per i costi o per omesso controllo ed è un campo difficile sia da controllare, sia da indagare per accertare reali responsabilità. Nei giorni scorsi Guariniello è stato sentito dalla commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dal senatore Oreste Tofani, il quale si è detto favorevole alla superprocura, come lo sono stati anche tutti gli altri membri. Ecco quello che ha dichiarato il pm Raffaele Guariniello a proposito della superprocura: ”Quello della sicurezza sul lavoro, come la mafia, è un tema di portata nazionale. Una procura nazionale per la sicurezza sul lavoro coordinerebbe le inchieste delle procure e inciderebbe sulle tecniche d’indagine. Si tratta di diffondere tecniche e prassi virtuose”. La superprocura avrebbe poteri di coordinamento su base nazionale dialogando e supportando la magistratura ordinaria. S’ipotizza una collaborazione istituzionalizzata con l’Inail e le prefetture. Le Regioni a loro volta sarebbero chiamate a istituire un Registro regionale delle morti per tumore che ha una fondamentale importanza di monitoraggio.