I box auto con accesso indipendente sono beni distinti
L’Agenzia delle entrate già all’uscita della legge 208/2015 aveva chiarito che:
- va qualificata come area esclusiva, e non più come bene comune non censitile, l’area di corte afferente a un solo immobile residenziale riportato nel relativo mappale «unitamente a cantine e autorimesse»;
- devono essere qualificate come unità immobiliari a se stanti (e non semplicemente come maggiori consistenze dei beni principali cui afferiscono) le cantine, depositi e autorimesse (ma in realtà la previsione è da estendere a tutti gli immobili rientranti nelle categorie C/2 e C/6, cioè magazzini e box) che, «presenti in complessi ospitanti una o più unità immobiliari residenziali» hanno autonomo accesso «da strada o da corte esclusiva o da parti comuni» di questi stabili.
Sono stati espressi seri dubbi in merito ai quali l’Agenzia delle entrate ha risposto con le note della direzione centrale Servizi Catastali 38500 e 223119 del 4 giugno 2020 e nota dell’ufficio provinciale di Milano Territorio (30383 del 20 ottobre 2020).
Adesso è quindi possibile tracciare le linee guida operative, valide dal 1° luglio 2020:
1) aree comuni: è improprio il loro censimento come beni comuni non censibili ma se originariamente già iscritti nella categoria non sussiste ora alcun particolare obbligo di ricondurli nell’ambito delle aree esclusive dell’unica unità abitativa residenziale di riferimento;
2) le categorie C/2 e C/6, in caso di nuova costruzione, sono da considerare unità indipendenti produttive di relativo reddito; il tutto però solo qualora, tenuto conto degli usi locali, esse si caratterizzino per autonomo accesso da strada o corte privata o parti comuni dello stabile di appartenenza; in caso di costruzione già esistente, devono essere scorporate dall’originario unico immobile che le comprende solo in caso di interventi su quest’ultimo che ne comportino la variazione catastale e sempre comunque tenuto conto della normale destinazione d’uso delle stesse (in base agli usi locali); non possono essere accorpate (quando già autonomamente censite) ad abitazioni residenziali mediante tentativo di fusione. Tale operazione costituirebbe una variazione non conforme alla prassi catastale proprio per contrasto con la richiamata previsione erariale.
L’imposizione di queste nuove regole ha un solo fine quello di far sborsare al cittadino più soldi, infatti le nuove normative portano purtroppo degli svantaggi: diritti catastali da versare, per ogni nuova pertinenza da censire autonomamente o dare-iscrivere in Catasto causa previa errata configurazione (si pensi ad un’area di corte comunque censita post 2016 come «bene comune non censibile» anziché come area esclusiva o a una cantina comunque iscritta, dopo l’intervento dell’Agenzia, come maggior consistenza di abitazione principale e non come bene indipendente) anche la Tari sarà più elevata, perché viene calcolata avendo riguardo al dato della superficie catastale tanto delle abitazioni principali quanto delle relative pertinenze.