Il Consiglio nazionale respinge l’aumento di 70 franchi delle rendite AVS e punta sulle misure di compensazione del secondo pilastro. La Commissione degli Stati ribadisce il suo modello
Tutti concordano sulla necessità di una riforma delle rendite vecchiaia. I motivi: le persone vivono più a lungo, la piramide sociale è capovolta e le generazioni attive pagano di più per quelle anziane. La “Previdenza per la vecchiaia 2020” è il dossier dominante della sessione primaverile del 2017, il più importante per le prossime generazioni. Tra le due Camere federali restano molte divergenze da risolvere e nel primo dibattito della sessione, il Consiglio nazionale resta rigido sulle proprie posizioni e non fa nessun passo verso il Consiglio degli Stati. In alcuni punti della riforma le due Camere concordano. Nazionale e Stati hanno approvato l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne da 64 a 65 anni, sia nel primo pilastro (AVS) sia nel secondo (LPP), e sono d’accordo sulla flessibilità tra i 62 e 70 anni per la richiesta delle prestazioni di vecchiaia di entrambi i pilastri.
La grande incognita è la misura di compensazione per il calo delle rendite. Le Camere sostengono il Consiglio federale sulla diminuzione del tasso di conversione, che calcola le rendite del secondo pilastro, dal 6.8% al 6%. Le rendite diminuirebbero del 12%. Il Consiglio degli Stati propone un mix per compensare la riduzione delle rendite. Oltre al secondo pilastro, prevede un rafforzamento del primo pilastro, con un aumento mensile di 70 franchi di tutte le rendite AVS, da finanziare con un aumento dell’IVA dell’1% (il Nazionale propone lo 0.6%).
La maggioranza del Nazionale, UDC, PLR e Verdi Liberali, cerca la compensazione con interventi solo all’interno della cassa pensione e punta al risparmio. La misura prevede aumenti dei contribuiti per i lavoratori e i datori di lavoro. Ci saranno solo due invece di quattro aliquote di contributi da pagare nella cassa pensione. Il processo di risparmio è anticipato a 20 anni e fino a 44 anni l’aliquota sarà del 9%, da 45 anni fino al pensionamento del 13.5%. Ogni singola persona o lavoratore dovrà risparmiare per la sua stessa cassa accumulando più capitale, è l’argomento del Nazionale, e non attraverso l’AVS che coinvolge l’intera comunità.
Dopo la decisione dei deputati, giovedì la riunione della Commissione della sicurezza sociale e della sanità degli Stati (CSSS-S) non ha portato progressi. Com’era da attendersi, la CSSS-S ha ribadito le sue posizioni e ha così sostanzialmente mantenuto tutte le divergenze in materia esistenti fra i due rami del Parlamento. I 70 franchi supplementari AVS e l’incremento, dal 150% al 155%, del tetto massimo per i coniugi insieme al tasso di conversione sono l’unica via per indurre il popolo a bocciare l’intero pacchetto di riforma, è stato l’argomento della Commissione che ha bocciato anche il meccanismo automatico, che prevede un aumento graduale dell’età di pensionamento a 67 anni per tutti in caso di ristrettezze finanziare dell’AVS.
I margini d’intensa sono difficili da vedere, un consenso resta molto lontano e il dibattitto si profila tesissimo fino all’ultimo, con l’unica certezza che la prossima settimana sarà decisiva per la riforma. Ieri l’oggetto è tornato alla Camera dei cantoni, dove a prevalere è stato finora il modello dello schieramento opposto con PS, PPD, Verdi e PBD. Lunedì 13 marzo sarà di nuovo il turno del Nazionale e se le due Camere non dovessero trovare un consenso, giovedì 16 marzo si riunirà la conferenza nazionale (PS e PPD hanno la maggioranza) per elaborare un compresso. Se una Camera respinge la proposta, la riforma “Previdenza vecchiaia 2020” sarà affossata, altrimenti con il Sì di entrambe ci sarà la votazione finale il 17 marzo. Un fallimento della riforma potrebbe essere la più cara di tutte le soluzioni.
Gaetano Scopelliti