Gentile Direttore, in merito alla lettera di Luciano Alban pubblicata lo scorso 4 luglio 2018, citato nella lettera, tengo a precisare quanto segue.
Come davanti ad un tribunale virtuale, il presidente Alban, ritenendo che le mie comunicazioni siano false, mi ha chiamato a giudizio dei lettori. Ben volentieri mi voglio confrontare. Aggiungo la mia contrapposizione al fine che il lettore possa trarre così il giusto giudizio. Sulla persona di Alban non voglio esprimermi giacché ci sarà il tribunale supremo al quale dovrà un domani sottoporsi e nel quale confido pienamente.
Luciano Alban, presidente dell’attuale Comites e copresidente di quello uscente, nel primario compito di tutela della comunità italiana asserisce di avere “fatto tutto il possibile in base alle proprie possibilità”. Fare tutto il possibile in base alle proprie possibilità vuol dire essere limitati. Asserisce insomma che tanto non ha fatto. Cerchiamo di capire in cosa possano consistere i suoi limiti. Sempre premettendo che ci sia stata da parte sua la buona volontà.
Cerchiamo di capire il suo comportamento nel caso della truffa all’INCA di Zurigo. Il caso più eclatante occorso tra la nostra comunità. Il caso sul cui svolgimento saranno misurate le istituzione preposte alla comunità italiana all’estero quando tra 50 anni si consulteranno i libri di storia e saranno giudicati gli attuali nostri rappresentanti all’estero.
Luciano Alban è stato presidente del Comites di Zurigo a partire dal 2002. Ossia durante gran parte del periodo in cui è avvenuta la truffa. In quel periodo anche l’ex direttore dell’INCA, giudicato delinquente, ne era membro. Alban lo aveva nelle sue fila come si suol dire. Ma com’è stato possibile che non si sia reso conto di avere un delinquente così infame tra le proprie fila? Si sa che i patronati ogni anno devono rendicontare sul loro operato. Sono i Comites incaricati ad occuparsene. Credo che si possa dire che l’operato di Alban e di tutta la bella compagnia sia stata fallimentare se dopo vari anni si scopre l’ormai conosciutissima truffa che ha coinvolto centinaia di connazionali privati di milioni di Franchi Svizzeri. Due le opzioni: o i consiglieri dormivano perché non volevano vedere oppure non volevano vedere perché dormivano. Scegliete voi, gentili lettori.
Il delinquente dell’INCA fu allontanato dal Comites solo dopo oltre 8 mesi che il Console Generale di Zurigo era a conoscenza delle truffe. Si deve sapere che il Console è in stretto contatto con il Comites. Partecipa tra altro a tutte le assemblee e informa sulla situazione della comunità. Ma che informazione c’è stata? Di nuovo due le opzioni: I responabili dell’emigrazione o dormivano per non vedere oppure non vedevano perché dormivano. Buona notte!
Si può continuare su questo passo se si vuole confrontare il riassunto degli interventi del Comites che Alban mette a disposizione de “La Pagina”. Tra i quali si legge che il Comites abbia messo a disposizione i propri locali in modo che i truffati potessero avere un luogo in cui riunirsi. Trattasi di persone anziane che hanno passato tutta la loro vita in emigrazione lontani dai propri famigliari ed in un paese del quale nemmeno conoscono la lingua, rimangono truffati da un ente italiano e da un membro del Comites e questo non sa fare nient’altro che mettere a disposizione una sala e quattro sedie?
Leggendo la lista rammento che dopo un incontro con l’allora direttore de La Pagina Santo Salamone, chiesi un incontro presso il Comites al quale parteciparono i miei genitori, l’On. Gianni Farina (che proviene proprio dall’INCA/CGIL, patronato in causa), Paolo da Costa e Antonio Putrino. Volevamo vederci chiaro. Vedo ancora i miei genitori disperati per la situazione. Al direttore Salamone, per cause a me rimaste sconosciute, il Comites vietò la partecipare alla riunione (ndr. Il motivo addotto: La Pagina non è ammessa in quanto non invitata all’incontro). Fatto sta che senza l’intervento mio e dei miei genitori il Comites avrebbe continuato a lasciare la comunità all’oscuro dei fatti infami. La riunione fu indetta dopo un anno e mezzo che questi signori erano a conoscenza dei fatti!
Inutili sono state le nostre richieste ai responsabili dell’Inca di fare causa comune contro le Casse Pensioni. Siamo stati costretti ad avanzare istanze consolari di sussidio per avere un supporto finanziario per poterci permettere la causa legale.
Ci fu concesso l’aiuto ordinario per i connazionali in stato di indigenza. Malgrado danneggiati da un ente pubblico, non siamo ritenuti tali nelle istanze predisposte. Se vogliamo aiuto lo riceviamo solo mendicando.
Comunque, i sussidi ricevuti non hanno coperto nemmeno in minima parte i 170.000 franchi pagati finora per le spese legali. Abbiamo così accumulato parecchi debiti.
Luciano Alban si vanta di avere scritto una lettera al Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, ribattendo quello che le Iene avevano precedentemente documentato in una trasmissione sulla truffa all’INCA: “L’Inca è stata condannata dal tribunale federale al risarcimento e per questo, Signora Camusso, proceda!”. Ma la Camusso dichiara fallimento di tutta la struttura INCA in Svizzera per riaprirla immediatamente dopo sotto nuovo nome. La Signora Camusso, sulla carta la paladina dei lavoratori, elude di pagare il risarcimento e in più continua a percepire i finanziamenti dallo Stato italiano. Lei no, non deve mendicare.
Il presidente Alban, davanti a questo indegno fatto, rimane in silenzio. Non siamo nemmeno a conoscenza se la Camusso abbia risposto alla lettera di Alban. Né sappiamo se sia intervenuto un’altra volta per sollecitare una risposta. Tutto lascia presupporre che abbia scritto la letterina per dire di averla scritta e di aver parlato per dire di aver parlato.
Dovete ammettere, gentili lettori, che gli “interventi” e le “azioni” che tutti i rappresentanti dell’emigrazione hanno messo in atto finora non sono stati incisivi nello sradicare il problema e nel risolverlo a beneficio dei danneggiati e della comunità. Il disagio e la sofferenza di chi ha subito il furto dei risparmi di una vita a seguito dell’operato criminale di qualche impiegato di patronato perdurano tristemente a tutt’oggi.
Come si spiega tutto questo letargo di Luciano Alban e di tutti i responsabili della comunità italiana all’estero?
Forse perché gran parte di loro sono in una maniera o in un’altra legati ai patronati?
Sono parecchi i membri di Comites che sono o sono stati contemporaneamente dipendenti di Patronato. Questo, malgrado la legge lo vieti esplicitamente.
Alban, per esempio, è da tanti anni il Vicepresidente della ACLI Svizzera e Consigliere delle ACLI Internazionali. Ma non era l’unico nel Comites di Zurigo. C’erano per esempio, a parte lo stesso delinquente Giacchetta che era contestualmente il direttore dell’INCA a Zurigo, Dino Nardi e Stella Scozzafava dell’ITAL/ UIL e Antonietta D’Acunto dell’ INCA/ CGIL.
Gli altri Comites in Svizzera non sono meglio. In barba al divieto sancito dalla Legge, sono inzuppati di dipendenti di patronato. Tra cani non ci si morde, come dice un famoso proverbio, anche a discapito di tutta la comunità italiana all’estero. A discapito di tutti noi.
Inutile esprimere la sentenza di questa triste discussione tra Luciano Alban, presidente Comites ed il sottoscritto, Marco Tommasini, presidente del Comitato dei Danneggiati. Se Alban avesse utilizzato tutta questa energia per togliersi l’onta che si porta dietro e l’avrebbe utilizzata per almeno sostenerci nel vero senso della parola, avrebbe almeno salvato l’apparenza di avere fatto qualcosa per la nostra comunità.
In conclusione, posso solo dire con una convinzione irremovibile che tra 50 anni i Comites saranno ricordati solo per questa gestione fallimentare.
Ringrazio per
l’attenzione accordatami
Distinti saluti
Marco Tommasini