L’Amministrazione nazionale per il turismo ha elaborato un opuscolo sul comportamento dei cinesi in vacanza all’estero
I cinesi sono un miliardo e trecentocinquanta milioni, in continua crescita, e sono un’economia emergente. Il che vuol dire che cominciano a fare progressi ma le loro condizioni sono ad un livello al di sotto dei Paesi industrializzati. Il progresso, poi, non è uniforme, malgrado il regime sia comunista. Ci sono ricchi e poveri (tantissimi) e c’è una fascia di benestanti. Insomma, benché ci siano enormi problemi, tuttavia il Paese comincia a decollare, e con il decollo dell’economia si è aperto un notevole mercato di scambio interno ed esterno e con esso anche la voce turismo comincia ad avere un presente e soprattutto un futuro.
L’anno scorso, dicono le statistiche, i cinesi che sono andati in vacanza all’estero sono stati 83 milioni, praticamente è come se tutta la Germania si fosse spopolata per due settimane (le vacanze di due settimane vengono date a tutti e sono concentrate in un periodo fisso, per cui lo spostamento è di massa).
Dicevamo delle condizioni di vita non certo rosee per la maggior parte dei cinesi; quanto a quelle di civiltà, ebbene, sono gli stessi cinesi ad ammettere che c’è molto da fare ancora per raggiungere un livello dignitoso.
In concomitanza, dunque, con le vacanze all’estero di milioni di cinesi, l’Amministrazione nazionale del turismo ha elaborato un opuscolo della buona educazione del cinese all’estero per non fare brutta figura secondo il motto: non fatevi riconoscere anche all’estero, comportatevi bene, altrimenti l’opinione che altri popoli avranno di noi non ci fa una buona pubblicità. L’opuscolo è di 64 pagine, e, oltre ai consigli che vi sono scritti, è un ritratto del cinese di oggi.
Ad Hong Kong, metropoli occidentalizzata, i turisti cinesi non sono visti di buon occhio, per non dire che sono disprezzati. Essi, infatti, parlano ad alta voce – e fin qui niente di veramente eccezionale – ma soprattutto fumano nei negozi, non fanno la fila e sputano rumorosamente in strada. Quella di parlare ad alto volume è un’abitudine invisa anche ai tailandesi, che accusano i cinesi di “parlare in sala da pranzo come si usa per litigare”. Mangiare poi spaghetti o tagliatelle con risucchio rumoroso della bocca – come qualcuno faceva anche da noi in passato con il brodo – ai tailandesi proprio non va giù.
Ma sono i consigli dati a chi va fuori Asia a suscitare sorriso. Oltre a raccomandare di non sputare in pubblico, nell’opuscolo s’implora di non mettersi le dita nel naso in presenza di altre persone, di non fare pipì nelle bottiglie di plastica all’aperto e di non rubare il giubbotto di salvataggio dell’aereo. Quanto agli alberghi, si raccomanda di non portare via l’asciugamani ed altri oggetti. Consigli sono dati anche perché i vacanzieri non commettano gaffe nei singoli Paesi. Ad esempio, per evitare guai seri è meglio non chiedere carne di maiale nei Paesi islamici, non parlare male della famiglia reale in Thailandia, non chiamare “negri” o “neri” i cittadini africani, non schioccare le due dita in Germania per chiamare qualcuno perché così si fa con i cani, non chiedere in Inghilterra a qualcuno in segno di saluto se ha mangiato, non regalare fazzoletti agli italiani perché vorrebbe dire asciugare le lacrime, non offrire ai francesi crisantemi e fiori gialli. Un consiglio alle donne: in Spagna indossare gli orecchini, altrimenti lì sarebbero considerate semisvestite. Un altro consiglio a tutti i cinesi in viaggio è quello di non buttare rifiuti per le strade, un consiglio sempre valido non solo per i cinesi ma anche per tanti altri popoli, qualche italiano compreso. Siccome i cinesi si spostano a gruppi numerosi, un altro consiglio è di fare la fila quando si sale su un autobus e di evitare le risse per accaparrarsi un posto. Le cronache sui giornali non l’hanno riportato, ma siamo sicuri che tra gli altri viene consigliato di usare il bidet non per come cesso ma per lavarsi le parti intime.
Sapranno i cinesi fare buon uso di questi consigli? Beh, qualche risultato lo produrranno, altrimenti vorrà dire che “si faranno riconoscere”, esattamente come succede a tanti nostri connazionali.