Il primo processo sui “neonati rubati” del franchismo si è aperto la scorsa settimana a Madrid, decenni dopo le prime rivelazioni dello scandalo che potrebbe riguardare migliaia di neonati sottratti alle madri e affidati a famiglie adottive sotto la dittatura di Francisco Franco.
In questo processo, Eduardo Vela, ex ginecologo di 85 anni della clinica San Ramon di Madrid, è accusato da Ines Madrigal, dipendente delle ferrovie di 49 anni, di averla separata dalla madre naturale e di aver falsificato il suo atto di nascita nel giugno 1969. Vela è stato interrogato una trentina di minuti. Denunciato da lungo tempo dalla stampa e delle associazioni, è il primo a sedersi sul banco degli imputati, grazie alla testimonianza della madre adottiva di Ines Madrigal, Ines Perez, oggi scomparsa. Quest’ultima, che non poteva avere figli, ha raccontato che il medico le propose un neonato chiedendole prima di fingere una gravidanza. Infine la dichiarò madre biologica del neonato.
Vela aveva ammesso nel 2013 di aver firmato “senza guardare” la cartella clinica che indicava che aveva assistito al parto. Ma davanti al tribunale ha assicurato di non ricordarsi quasi più nulla e smentito di aver firmato un atto di nascita falso. “Non è la mia firma, non me ne ricordo”, ha detto.
Ines Madrigal, acclamata da una cinquantina di persone con degli striscioni in cui chiedevano “giustizia” arrivando in tribunale, ha sottolineato che quello della settimana scorsa non era solo il suo processo. “Tutti sanno che dei neonati sono stati rubati in questo Paese”. “Una madre non può mai dimenticare il proprio figlio”, ha insistito Madrigal, che ha ammesso davanti al tribunale di aver accusato “un colpo terribile” che l’ha “distrutta emotivamente”, quando ha scoperto la verità.
Afp
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