Arriva in Italia la proposta di legge che regolamenta lo Sharing economy
In una realtà come quella attuale dove la crisi economica ha la meglio e dove si cercano sempre nuove soluzioni per aggirarla, l’uso dello Sharing economy è diventato quotidiano. Con il termine Sharing economy si intende quella attitudine a concepire l’economia della condivisione, che sia in termini di capacità di conoscenze o anche in termini di oggetti (un automobile, una casa). Significa cioè rendere possibile l’effettiva condivisione delle risorse esistenti e usare le applicazioni per fornire servizi puramente remunerativi dove sono le persone stesse, fisiche o giuridiche, a mettere a disposizione un bene fisico o immateriale a un’altra persona. È stato dimostrato che dal 2011 a oggi i numeri che riguardano lo Sharing economy sono più che triplicati, in particolare nell’ambito del turismo, dei trasporti, delle energie, dell’alimentazione e del design. In Italia sarebbero all’attivo addirittura circa 250 piattaforme collaborative on line, secondo quello che afferma una ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore presentata nel corso di Sharitlay, il primo incontro interamente dedicato all’economia collaborativa.
Proprio per questo motivo adesso si sente il bisogno di regolamentare questa economia della condivisione. L’impulso viene da alcuni deputati dell’Intergruppo per l’Innovazione, che per un anno ha lavorato alla proposta di legge presentata alla Camera alcuni giorni fa. A presentare il testo sono stati Antonio Palmieri (Fi), Veronica Tentori (Pd), Ivan Catalano (Misto), Stefano Quintarelli (Misto). La proposta di legge sarà oggetto per tre mesi di una consultazione on line gestita dall’Associazione Stati generali dell’innovazione, al fine di raccogliere altri suggerimenti. Si tratta di una legge di 12 articoli, che ha due caratteristiche sottolineate da Tentori: “è trasversale ai diversi settori professionali, ed ha un approccio di sistema”. Quindi una normativa semplice tesa a dare “alcune regole di trasparenza e di tutela degli utilizzatori”, e per promuovere “l’equità fiscale, evitando la violazione della concorrenza”. Secondo il Pdl presentato, la regolazione e la vigilanza di questa pratica sarebbe compito dell’Antitrust a cui le piattaforme di Sharing economy dovranno presentare il proprio documento di policy, in cui dovranno essere indicati alcuni paletti, come l’identificazione degli utenti. L’Antitrust può chiedere l’integrazione o la modifica del documento, prima dell’iscrizione della piattaforme nel Registro nazionale delle piattaforme. Inoltre, per quanto riguarda la fiscalità, è prevista una aliquota del 10% per gli introiti fino ai 10.000 euro, anche se ottenuti su più piattaforme, che viene versata dalla piattaforma, che agisce come sostituto di imposta. Si stima che così facendo, e visto che lo Sharing economi sarebbe in continua espansone, sarà possibile ricavare un maggior gettito per lo Stato pari a 150 milioni nel 2016 che potrebbe raggiungere i 3 miliardi nel 2025 che potrebbero essere utilizzati per aumentare le competenze digitali nelle aziende.
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