Pier Luigi Bersani, dopo aver preso visione dei sondaggi che settimanalmente pervengono sul suo come sul tavolo dei leader politici, ha ammesso che il Pd “è in ripresa”, ma che nelle previsioni su chi vincerà il Pdl ha “percentuali molto alte”. Sono queste poche parole quelle che meglio caratterizzano la settimana politica.
Il governo in quanto tale non è coinvolto nella vicenda giudiziaria che ha aggiunto alla questione morale un tassello non di poco conto nel quadro generale del Paese. Guido Bertolaso, di cui le opposizioni chiedono la testa, stando alle intercettazioni apparse sui giornali, se qualche colpa ha, non è quella di essersi appropriato di qualcosa, ma tutt’al più quella di non aver capito quello che si tramava alle sue spalle, il che non è certo un reato. Dietro gli appalti dei grandi cantieri è chiaro che si è mosso tutto un mondo che coinvolge imprenditori, funzionari dell’amministrazione dello Stato, magistrati e politici, uomini che in un modo o in un altro hanno tratto dei vantaggi.
La Magistratura dovrà dare risposte con atti e sentenze, ma è evidente che per i partiti è un campanello – uno dei tanti – d’allarme. Nel Pdl, anche se non ufficialmente declamata, c’è agitazione tra le due componenti che hanno dato vita al partito, An e Forza Italia.
L’occasione, questa volta, è stata offerta dalla figura di uno dei coordinatori, Denis Verdini, indagato per corruzione nell’inchiesta della procura di Firenze. I magistrati ipotizzano un suo coinvolgimento per l’amicizia di vecchia data con uno degli altri indagati, Riccardo Fusi, di centrosinistra e presidente dimissionario della settima impresa edilizia italiana, la Btp. L’indagine giudiziaria viene presa a pretesto per un regolamento interno di conti tra le varie fazioni.
Berlusconi, quando è stato reso noto il coinvolgimento di uno dei coordinatori del Pdl, è andato su tutte le furie, al punto che sui giornali è stato scritto che voleva disfarsene.
Denis Verdini si è presentato immediatamente davanti al magistrato ed ha illustrato la sua verità. Non sappiamo se ha convinto o meno gl’inquirenti, certo è che Berlusconi solo dopo alcuni giorni lo ha difeso, attaccando più che i magistrati la stampa che avrebbe riportato notizie distorte. L’impressione è che la ricucitura tra Gianfranco Fini e Berlusconi sia stata una toppa elettorale, ma le distanze continuano ad esistere tra i due partiti e leader cofondatori, tanto è vero che nel Pdl si parla apertamente di “noi” e “loro”.
L’amalgama non è mal riuscito solo nel Pd, ma anche nel Pdl, anche se nessuno parla di andarsene, come è avvenuto nel Pd. È probabile che Verdini – specie se il suo coinvolgimento (è un imprenditore prestato con vocazione politiche) dovesse essere fondato – verrà estromesso dalla guida del Pdl. Potrebbe accadere dopo le elezioni. Si è parlato di Bondi, persona lontana dal mondo degli affari, come coordinatore unico.
È tutto da verificare, ma si sa che il decreto contro la corruzione promesso dal governo la settimana scorsa, se è stato effettivamente presentato e discusso, non è stato ancora approvato. È stato dato mandato a Calderoli, Alfano e a Brunetta di approfondire l’argomento e di formulare un disegno di legge (o decreto-legge) più completo in tutti i suoi aspetti. Quello dell’inasprimento delle pene, annunciato in un primo momento, è ritenuto insufficiente.
Il fatto è che la vicenda ha risvolti più estesi. Se Verdini – ammesso che il suo coinvolgimento sia fondato – appartiene allo schieramento di centrodestra, come il consigliere comunale Pennisi, arrestato in flagranza per una mazzetta per velocizzare una pratica urbanistica, altri personaggi hanno altre collocazioni.
Non si parla solo di altri casi scottanti come il presidente della Regione Lazio, del sindaco di Bologna o di personaggi Pd della Puglia coinvolti in appalti o favori. Angelo Balducci, il presidente del consiglio dei lavori pubblici, è stato uomo di Rutelli; il procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, è stato uno dei consiglieri di Bianchi, Pdci, ex ministro dei Trasporti; e Giuseppe Tesauro, altro personaggio indagato, è membro nientemeno che della Corte Costituzionale ed è stato quello che ha affossato il lodo Alfano. Insomma, un mondo variegato, distante politicamente ma unito dagli affari.
Tutta questa vicenda, dunque, non è addebitabile ad uno solo, ma a molti partiti: si spiega così perché siano in tanti ad affrontarla coi piedi di piombo.
Intanto, però, sul decreto sulla Protezione civile si è raggiunto un accordo tra maggioranza e opposizione: il decreto è passato alla Camera con la rinuncia della maggioranza a farne una Spa e con la soppressione dello scudo giudiziario per i commissari straordinari in Campania.
La maggioranza voleva fare della Protezione civile una Spa per accelerare la decisionalità dei progetti e dell’esecuzione delle opere, le opposizioni hanno voluto impedire la velocizzazione delle procedure per controllare i vari passaggi e soprattutto per evitare abusi, come quelli accaduti e oggetto d’inchiesta.
Va detto, comunque, che l’idea della Spa può anche essere sbagliata, ma la questione dei tempi di progettazione e di esecuzione è un fatto serio.
In Abruzzo in sei mesi sono state costruite case per migliaia di persone, ai tempi del terremoto in Campania e Basilicata sono stati spesi 63 mila miliardi e la gente ha aspettato tempi biblici.