Entra nella fase cruciale la campagna presidenziale francese
La campagna elettorale francese entra nella fase cruciale e il presidente uscente, dapprima indietro nei sondaggi, poi alla pari con il suo antagonista François Hollande dopo il comizio d’apertura di Sarkozy, ha dato un colpo di acceleratore sorpassandolo. Almeno è quello che dicono alcuni sondaggi. Altre rilevazioni danno sempre in testa il candidato socialista, a cui sta dando una grossa mano l’ex moglie Ségolène Royal. Ségolène, nel 2007, fu candidata alla presidenza. Il marito, allora, era segretario generale del Psf. L’appoggiò più che per convinzione per dovere d’ufficio, ma la rottura familiare tra i due era già evidente e nota negli ambienti ristretti partitici e privati. E’ difficile dire se il primo passo fu compiuto da lui (tradimento con l’attuale sua compagna) o da lei (per motivi affettivi e politici). Fatto sta che si lasciarono dopo la sconfitta di lei. Ora la famiglia si sta riunendo, almeno dal punto di vista politico. A dare, dunque, una mano leale e convinta sono i figli ma anche lei, Ségolène, madre dei quattro figli di Hollande. I motivi sono certamente politici e partitici, in Francia si gioca una partita importante e i socialisti lo sanno bene. Non vincono da quando Mitterrand ha ottenuto il secondo mandato, 20 anni fa, portato a termine nel 1997 tra polemiche (si scoprì che aveva una figlia segreta, Mazarine, avuta all’insaputa della moglie) e sofferenze per malattia. Dopo Mitterrand iniziò l’èra di Chirac, rieletto nel 2002 in seguito agli errori e alle gelosie dei socialisti, il cui candidato non superò nemmeno il primo turno, tanto che la sfida finale avvenne tra Chirac e Le Pen, ciò che costrinse i socialisti addirittura a fare il tifo per il nemico Chirac. Nel 2007 l’abbiamo detto, Ségolène, fu battuta da un Sarkozy astro nascente e decisionista della politica francese. Il quinquennio di Sarkozy, tuttavia, si è svolto tra luci ed ombre. Indubbiamente ha calcato la scena internazionale con padronanza ed efficienza, ma in politica interna non è oro tutto quel che si vuol far luccicare, di qui la sfiducia dei francesi che fino a qualche mese fa preferivano Hollande e forse lo preferiscono tuttora. E’ difficile dire, perché nel frattempo si è messa in moto la macchina politico-elettorale e qui conta la personalità e la risolutezza con cui si affronta il momento. Per quanto non simpatico, Sarkozy sta sfruttando da maestro tutte le occasioni che gli sono state offerte. A metà marzo tre parà vengono uccisi tra Tolosa e Montauban. S’imbocca la pista nazista, che tiene campo per alcuni giorni, poi una nuova strage, quella in una scuola ebraica, terrorizza i francesi e non solo loro. Sarkozy capisce il momento di paura dei suoi connazionali e tira fuori la parte decisionista ed opportunista della sua personalità. In poche ore si scopre l’autore che con un blitz viene ucciso. Il blitz, giustificato dal punto di vista poliziesco, lo era anche dalla necessità di rassicurare i francesi e di porsi come l’uomo capace di guidarli in un momento difficile, anche per la crisi economica mondiale. Di qui lo slogan “Francia forte”, che sottintende “Uomo forte”, cioè lui, ad assicurare la continuità in un momento delicato.
Ucciso il terrorista islamico Mohammed Merah e diffuso la notizia che la Francia potrebbe essere l’oggetto di attacchi terroristici, il presidente uscente coglie tre piccioni con una fava. Avendo fatto balenare l’idea di un pericolo proveniente dagli islamisti – e in Francia ce n’è qualche milione, provenienti soprattutto dall’Algeria, dalla Tunisia e dal Marocco – Sarkozy ha gridato al pericolo musulmano, sia perché in qualche modo il pericolo esiste, sia perché così sottrae terreno, argomenti e voti a Marine Le Pen. Quindi ha stabilito un ponte tra l’11 settembre americano con il crollo delle torri gemelle e le stragi di marzo 2012 in Francia, per additare il pericolo corso e che la Francia potrebbe ancora correre. Poi, ha lanciato la seconda fase della sua campagna elettorale – che, ripetiamo si sovrappone ai fatti reali – mobilitando polizia e servizi segreti per stanare i “predicatori di odio” e facendone arrestare una ventina, primo round di una serie di blitz che porteranno in galera, anche preventiva, parecchi personaggi fiancheggiatori – a parole e anche con fatti– dell’Islam radicale. La libertà va bene, ma quando sono in gioco la sicurezza nazionale e la convivenza civile e soprattutto le elezioni presidenziali, si può anche fare qualche forzatura. In fondo, i francesi, come qualsiasi altro popolo, vogliono vivere in pace e in tranquillità e dunque vedono di buon occhio tipi decisi come Sarkozy. Di qui il probabile, reale recupero sul suo rivale socialista, il quale farebbe bene a sintonizzarsi con il popolo, anche con il suo popolo, perché tutti, non solo quelli di destra ma anche quelli di sinistra, vogliono vivere lavorando in pace e sicurezza. Resta il fatto che la polizia a casa dei “predicatori di odio”, di cui il più noto è Mohammed Achamlane, leader del gruppo integralista “Forsane Alizza” hanno trovato armi (tre kalashnikov, granate, pistole e altro materiale non raccomandabile). Certamente non era materiale da pacifista. E’ un fenomeno, quello dei predicatori fiancheggiatori della lotta armata, che esiste in ogni Paese europeo e che prima o poi dovrà essere affrontato dappertutto con maggiore decisione, al di là delle convenienze elettorali.