Per interpretare un maggio così freddo basta ricordare la tradizione popolare
La giovane Greta lo ha detto anche al Papa: il surriscaldamento globale è una problematica seria e da combattere preventivamente per evitare disastri ambientali che avranno gravi conseguenze in futuro.
A queste parole ci si aspetterebbe di dover piantare, invece che cavoli e broccoli, datteri in futuro. E invece no. Ironia spiccia a parte, vediamo la realtà: a maggio a Berna si è battuto il record di centimetri di neve caduti nel 1945, situazione ancora peggiore in altre zone pedemontane dove la neve ha raggiunto livelli che non si misuravano da più di 50 anni. Corrono anche ai ripari i viticoltori svizzeri, alsaziani e italiani che sono costretti a riscaldare in notturna i loro filari con fuochi artificiali per evitare che i germogli appena spuntati dalle viti vengano definitivamente congelati, compromettendo tutta la produzione del vino annuale. Certo, lo spettacolo notturno dei vitigni illuminati è affascinante ma è drammatica l’osservazione dei viticoltori: “ci alziamo ogni notte per monitorare costantemente la temperatura al suolo – racconta un agricoltore alla radio ticinese – e se diminuisce lavoriamo tutta notte per accendere i ceri posizionati nei filari. Se le gemme vengono bruciate dal freddo possiamo dire addio al raccolto autunnale e al lavoro di un anno intero”.
Anche tra i privati si hanno le stesse problematiche perché chi possiede un piccolo giardino si è visto, nei giorni scorsi, morire le piantine già messe a dimora oppure si è dovuto rassegnare alla mancanza di produzione di frutta a causa di queste gelate tardive che bloccano le impollinazioni.
Quindi è vero che non ci sono più le stagioni di una volta? Non proprio. Anche nel periodo storico dell’antica Roma i contadini si lamentavano per climi inaspettati ( secondo “De civitate Dei” di Sant’Agostino nel 275 D.C il Tevere gelò completamente e Roma rimase sotto la neve per 40 giorni) descrivendo raccolti distrutti dal gelo e nei secoli successivi sono documentate anche le temperature miti e il progressivo spostamento a nord delle culture mediterranee. Se preferiamo non andare troppo indietro nel tempo anche i proverbi contadini ci aiutano a capire che le gelate tardive non sono un unicum di questo 2019: “Fino all’ascensione – 30 maggio – non lasciare il tuo giubbone” oppure “ Maggio per quanto bello, salva un granello di ghiaccio, un po’ per San Pancrazio, un po’ per San Servazio e il resto per San Bonifazio”. Quest’ultimo proverbio si pensa abbia origini medievali e viene associato ai giorni che vanno dall’11 al 15 maggio a cui si aggiunge anche un proverbio tedesco che inserisce Santa Sofia definendola “Die Kalte Sophie” e ha lo stesso ruolo che noi italiani diamo ai “giorni della merla” di fine gennaio. In questo caso la tradizione li denomina “I cavalieri dell’inverno” e troviamo il detto in tutte le culture contadine del centro Europa.
Non dovremmo allarmarci troppo, quindi, per il cambiamento delle stagioni- molto diverso dalla problematica del surriscaldamento da inquinamento – e, considerate le filastrocche, speriamo in un “Giugno con le ciliegie in pugno!”