Ancora milioni di bambine e ragazze a rischio delle mutilazioni genitali femminili
Nel nome di una tradizione che sostiene che una donna diventa rispettabile solo attraverso la mutilazione genitale, in Africa (ma anche in altri Paesi) le tagliano un pezzo del suo organo genitale: il clitoride. Quasi tutte le donne sono solo delle piccole bambine quando devono subire questo rito doloroso e pericoloso per le loro vite, ma le conseguenze le sentono fino all’età adulta.
Non solo in Africa, ma anche in Svizzera e in Europa le mutilazioni genitali femminili sono proibite ufficialmente. Le famiglie, che provengono da paesi in cui questo rituale viene ancora praticato, usano spesso i periodi di vacanze più lunghe, quelle estive ad esempio, per praticarlo alle loro bambine.
Le recenti stime prodotte dall’UNICEF sono davvero terribili e mostrano che almeno 120 milioni di ragazze e donne hanno subito mutilazioni genitali nei 29 Stati in cui la pratica è maggiormente in uso. Inoltre, alla luce delle tendenze attuali, ben 30 milioni di bambine e ragazze di età inferiore ai 15 anni possono essere ancora considerate a rischio di subire tale pratica. Ogni anno, il 6 febbraio, l’UNICEF con la sua campagna “Terre des Femmes” s’impegna in questo contesto anche in Svizzera per l’impedimento di questa prassi. Anche in terra elvetica, infatti, le bambine che provengono da paesi come la Somalia o l’Eritrea sono messe a rischio, spesso come nei loro paesi d’origine, anche qui, purtroppo, la pratica viene effettuata sotto condizioni igieniche precarie e quindi le infezioni sono all’ordine del giorno.
Secondo un articolo pubblicato sul Tagesanzeiger in Guinea, dove il 96% delle donne hanno dovuto subire questo rito doloroso, da qualche tempo però qualcosa sta cambiamdo in questo senso, grazie a Djenabou Kone e la sua fondazione “Femme africaines”, infatti, è riuscita a convincere tante madri a non far subire questa assurda pratica alle loro figlie. Secondo Djenabou Kone, tante di queste donne sanno che non è giusto e si pentono delle azioni già compiute. Il fatto è confermato dai dati della Nazioni Unite, e dal numero delle ragazze vittime di questa pratica. Secondo i dati della MGF (Tolleranza Zero per le Mutilazioni Genitali Femminili) sarebbero sempre meno diffuse a livello globale e che le nuove generazioni sono più consapevoli del danno che potrebbero causare alle piccole. Nei 29 paesi dell’Africa e del Medio Oriente in cui la pratica delle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) è maggiormente concentrata, in media il 36% delle ragazze tra i 15 e i 19 anni ha subito mutilazione rispetto ad una stima del 53% circa fra le donne di età compresa tra i 45 e i 49 anni. Anche se ancora la pratica esiste e viene esercitata, si comincia ad avvertire un primo segnale positivo per la percentuale ridotta.
In alcuni Paesi il calo è stato molto rilevante: in Kenya, per esempio, fra le donne di età compresa tra i 45 e i 49 anni la probabilità di avere subito una mutilazione è tre volte più alta rispetto alle ragazze tra i 15 e i 19 anni. «Questo risultato dimostra che è possibile porre fine alle MGF», ha dichiarato il Direttore dell’UNICEF Anthony Lake. «Le MGF sono una pratica sbagliata e noi possiamo e dobbiamo porvi fine per aiutare milioni di ragazze e donne a condurre una vita più sana.»
Il programma congiunto del Fondo delle Nazioni Unite per le Popolazioni (UNFPA) e dell’UNICEF sulle MGF sta facendo notevoli progressi per aumentare la prevenzione tra le ragazze e le generazioni future affinché non siano esposte al rischio di mutilazioni. Da quando il programma congiunto UNFPA-UNICEF sulle mutilazioni genitali femminili è stato istituito (2008), circa 10.000 comunità in 15 Stati, equivalenti a quasi 8 milioni di persone, hanno posto fine alla pratica.
L’anno scorso un totale di 1.775 comunità in tutta l’Africa hanno dichiarato pubblicamente il loro impegno a porre fine alle FGM.