Vi siete mai chiesti da dove vengono i mosaici del vostro bagno? Chi produce i vestiti o le scarpe che portate? E sapevate che le vostre case sono piene di oggetti e apparecchi fabbricati da schiavi?
Sul sito online www.slaveryfootprint.org si può fare un test che calcola quanti schiavi ognuno di noi “impiega” giornalmente per i nostri beni di consumo. Il test chiede informazioni sulla propria vita come se si ha la macchina, quanti gioielli si possiedono oppure quante stanze ha la propria casa.
Anche noi della redazione La Pagina abbiamo voluto provare a rispondere alle domande del questionario e quello che è risultato ci ha sconvolto: ci riteniamo persone abbastanza corrette dal punto di vista ecologico ma, pur prestando molta attenzione al riciclaggio, alla separazione dei rifiuti, al cibo stagionale, è stato davvero uno shock scoprire che in media sfruttiamo 38 schiavi! La schiavitù esiste ancora, nonostante sia vietata nella maggior parte dei Paesi dove viene praticata. Per molti di noi l’immagine che viene alla mente sentendo la parola “schiavitù” è per lo più legata alla tratta degli schiavi, ai trasferimenti via nave da un continente ad un altro, e soprattutto all’abolizione di questa tratta nei primi anni del 1800: per noi il commercio degli schiavi è una pratica rilegata al passato piuttosto che al presente, ma la realtà, purtroppo, è che la schiavitù continua ad esistere ancora oggi.
Secondo le stime dell’organizzazione Anti Slavery International in tutto il mondo sono ben 27 milioni gli uomini, le donne e i bambini che sono costretti a vivere come schiavi. Sebbene questo sfruttamento spesso non sia chiamato “schiavitù”, le condizioni sono le stesse. Le persone sono vendute come oggetti, costrette a lavorare gratis o per una paga minima, e sono alla completa mercé dei loro datori di lavoro, soprattutto nei Paesi del terzo mondo come Sudan, Pakistan e India, ma anche in Brasile. La schiavitù è proibita anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 e dalla Convenzione Supplementare sull’abolizione della schiavitù, la tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù dell’ONU del 1956. Nonostante ciò donne dell’Europa dell’Est sono obbligate alla prostituzione, i bambini sono venduti e comprati da un Paese all’altro dell’Africa occidentale, e gli uomini sono costretti a lavorare come schiavi nei latifondi agricoli brasiliani. La schiavitù contemporanea prende molte forme e riguarda persone di tutte le età, sesso e razza.
Ma cosa possiamo fare contro la schiavitù moderna? È importante innanzitutto parlarne e non fingere che non sia un problema che ci riguarda o che non esista più, non è così! A parte i vari progetti di sostegno promossi dalle varie organizzazioni per i diritti umani, si può far attenzione all’acquisto di beni di consumo quotidiani, di alimentari, tappeti o vestiti, i quali, spesso e volentieri, provengono da una manifattura non chiara, a tal proposito esistono organizzazioni che controllano la lavorazione di vari produttori. La schiavitù è una delle conseguenze negative della globalizzazione, ma non possiamo sempre pensare che siano i governi o le organizzazioni a pensarci. Ognuno di noi è responsabile e deve avere il coraggio di guardarsi in faccia e prendere coscienza delle proprie azioni: ognuno di noi deve iniziare da sé stessi, o per dirla come cantava Michael Jackson, bisogna iniziare “con l’uomo nello specchio”.