Secondo le nuove stime dell’Ufficio federale di statistica, nel 2010 i costi orari medi del lavoro ammontavano a 56 franchi ma variavano sensibilmente tra i diversi rami economici.
Dici Svizzera e subito si pensa al lavoro e al guadagno: in effetti la Confederazione Elvetica viene considerata da molti il Paese che offre le maggiori opportunità al riguardo. Questo è innegabile, così come è innegabile il fatto che sia anche il Paese con la migliore qualità di vita. Questo perché ci sono i servizi, le città sono pulite e soprattutto perché offre molte opportunità in ogni campo. Gira e rigira si finisce sempre col guardarci i soldi in tasca. Ma anche il lavoro ha un suo costo che incide fortemente sul nostro guadagno finale. Nel 2010 la Svizzera occupava la prima posizione in Europa per quanto concerne i costi del lavoro, ovvero quello che è stato versato dalle imprese per l’impiego dei lavoratori. Questo si evince facilmente paragonando la situazione svizzera con quella europea. Se si prendono in considerazione le imprese con 10 lavoratori o più dei nuovi Stati membri dell’Unione Europea, si nota che nel 2010 solo la Slovenia, con 14 euro, aveva registrato costi orari medi del lavoro superiori a 10 euro. I divari, inoltre, erano abbastanza netti tra Paese e Paese: i costi orari del lavoro andavano dai 12.15 euro del Portogallo ai 37.70 euro del Belgio. Con un costo di 41.05 euro per ora lavorata, livello in parte influenzato dal rafforzamento del franco rispetto all’euro (cambio € 2010: 1.38 franchi), la Svizzera si è confermata la principale piazza economica del mercato europeo. Ma pur passando per il Paese del guadagno e delle opportunità di lavoro, non è detto che in questo settore fili tutto liscio e non vi siano delle discrepanze. Il problema riguarda il fatto che, da alcuni studi, sono risultate delle differenze di salario all’interno dello stesso settore lavorativo. Lo studio è stato condotto dall’Ufficio Federale di Statistica (UST) e prende in esame i costi orari medi del 2010 che ammontavano a circa 56.00 franchi per ora lavorativa. Il dato riguarda soprattutto i settori secondario e terziario all’interno dei quali si può notare una differenza salariale, a volte consistente, tra lavoro e lavoro. Facciamo qualche esempio. Secondo i dati riportati dall’UST, i 56 franchi prima menzionati sono composti per l’83,7% di «retribuzioni lorde», il 15% dei «contributi sociali a carico del datore di lavoro» e di altre spese, l’1,3% per la formazione professionale e assunzione di beni e servizi. Nel settore terziario le attività finanziarie e assicurative presentano i costi più elevati con 84.50 franchi all’ora contro i 34.40 franchi guadagnati in media da un ristoratore o un impiegato nel settore degli alloggi. Tali differenze persistono, anche se di natura più ridotta, tra i rami del secondario dove spaziano dai 65.20 franchi della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, ai 49.10 franchi delle costruzioni. Il livello dei costi del lavoro non varia solo a seconda del settore economico ma anche della dimensione dell’impresa. Nel 2010 i costi del lavoro erano del 2,4% più elevati presso le imprese con 10 lavoratori o più (57.35 franchi rispetto a 56 franchi per l’insieme delle imprese). Fanno eccezione solo alcuni rami economici, quali le attività finanziarie e assicurative, in cui le grandi imprese presentavano costi del lavoro lievemente inferiori. In generale vige la regola che il divario salariale si allarga maggiormente nei settori in cui la prassi dei bonus è più diffusa, in particolare nelle banche e nelle assicurazioni. Più elevata è la quota di bonus sulla massa salariale, maggiore è il divario salariale. Inoltre, dal medesimo studio è stato rilevato che c’è stato un lieve calo di guadagno rispetto al 2008 nel settore privato. Ciò vale a dire che se nel 2008 il costo medio per ora lavorata ammontava a 55 franchi, nel 2010 sono calati a 54.60 franchi per una perdita dello 0,7% di stipendio effettivo. Questa diminuzione, intervenuta nonostante una crescita media del 2% dei salari mensili, è riconducibile all’aumento del volume stimato di ore lavorate (+2,4%). Non vi è però stata una flessione generalizzata in tutti i rami economici: sono stati infatti registrati anche aumenti dall’1,3 al 3,3%, in particolare nelle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento nonché nel trasporto e magazzinaggio.