Il primo intervento fu realizzato il 16 settembre del 1977
Come tutte le grandi innovazioni, anche quella del ‘palloncino salvacuore’ è stata parecchio criticata e, all’inizio, osteggiata persino dalla comunità scientifica. Era il 1977 quando per la prima volta il medico tedesco Andreas Gruentzig gonfiò un palloncino in un’arteria coronarica con stenosi, (ovvero con un patologico restringimento tale da ostacolare o impedire il normale passaggio del sangue) effettuando la prima ‘angioplastica coronarica’ al mondo e inaugurando la nuova era della cardiologia interventistica.
La nuova tecnica fu criticata perché ritenuta troppo rischiosa e Gruentzig dovette portare avanti da solo la propria battaglia, senza il supporto della comunità scientifica.
Oggi che l’angioplastica è divenuta una normalissima ‘pratica clinica quotidiana’, a festeggiarne i quarant’anni è Boston Scientific, che nel 1999 ha acquisito la svizzera Schneider Medintag, produttrice del primo palloncino utilizzato in quella prima ‘storica’ procedura.
La produzione dei dispositivi da parte della società svizzera dopo quel primo storico intervento è infatti proseguita a rilento e su basi decisamente artigianali, con una produzione iniziale di 5 palloncini alla settimana. Ma via via che l’efficacia della procedura andò affermandosi, la sua evoluzione fu inarrestabile, tanto che nel 1980 le angioplastiche coronariche nel mondo avevano raggiunto quota mille; nel 1999 la statunitense Boston Scientific acquisì l’azienda svizzera favorendo lo sviluppo della procedura su larga scala e a livello internazionale.
Oggi il ‘palloncino salvacuore’ viene impiegato negli ospedali di tutto il mondo: solo nel 2016 in Italia sono stati eseguiti 154.307 interventi di questo tipo per dilatare le arterie ostruite con l’inserimento dell’ormai famoso ‘palloncino’ attraverso un piccolo catetere: una procedura non invasiva, la cui sicurezza ed efficacia sono ormai unanimemente riconosciute.
Il progresso tecnologico ha ormai reso l’intervento una pratica molto rapida e sicura, effettuabile senza bisogno di incisioni e nemmeno di anestesia generale. La procedura di angioplastica si esegue infatti in anestesia locale e la sua durata può variare dai 45 ai 60 minuti, a seconda della complessità della lesione da trattare.
Nella maggior parte dei casi la procedura si completa con l’applicazione di una reticella metallica meglio conosciuta come ‘stent’. Per alcune tipologie di pazienti, si possono anche impiegare ‘stent medicati’, ovvero ricoperti da un farmaco a lenta cessione volto ad impedire nuove occlusioni dell’arteria. I tempi di guarigione sono decisamente brevi, di solito dopo una degenza di appena 24-48 ore il paziente può tranquillamente tornare a casa.
Le percentuali di successo dell’angioplastica sono molto elevate, intorno al 90%, e dopo l’avvento degli stent si è anche notevolmente ridotto il rischio del ripresentarsi dell’occlusione.
In questo caso, indipendentemente dall’uso di uno stent, è comunque possibile effettuare una nuova angioplastica.
Pochi i possibili rischi per i pazienti: in genere solo gli over 75, oppure quanti soffrono di insufficienza cardiaca o renale, o di altre patologie quali il diabete, potrebbero andare incontro a qualche complicazione.
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foto: Ansa