Le tasse sugli immobili, in Italia, pesano molto, troppo. A dirlo sono i dati. In totale, il carico di imposizione fiscale vale circa 50 miliardi di euro l’anno. La sola Imu introdotta dal governo Monti produce un gettito di quasi 22 miliardi di euro, rispetto ai poco più di 9 dell’Ici. Colpisce case, box, locali commerciali, uffici, capannoni, terreni. Il resto del gettito lo procurano le imposte indirette, come l’imposta di registro, che si applicano in caso di compravendita (circa 9 miliardi); le imposte sul reddito da locazione (Irpef o cedolare secca: altri 9 miliardi); l’imposta di registro e l’Iva sulle locazioni (circa 1 miliardo).
Altri 11 miliardi di euro l’anno derivano, per circa 10, dalla tassa sui rifiuti e per un altro miliardo da altri tributi. Peraltro, va evidenziato che i tributi che si applicano su una base imponibile di tipo catastale – come l’Imu non sono fondate, come spesso si sente dire, su un catasto non aggiornato. Per le seguenti ragioni: 1. dal 1997 le rendite catastali sono state aumentate del 5%; 2. dal 2012 Monti ha aumentato i moltiplicatori catastali Imu del 60% per le case e in misura analoga per altri immobili; 3. dal 2005 i Comuni possono richiedere all’Agenzia delle entrate il «riclassamento» degli immobili per zone o per singole unità immobiliari, cosa che a Roma, Milano, Bari, Lecce ha portato ad aumenti considerevoli delle rendite e, di conseguenza, delle imposte; 4. ogni volta che si interviene in modo significativo su un immobile, questo viene «riclassato» e quasi sempre subisce un aumento della rendita e, di conseguenza, delle imposte. Questo macigno fiscale che grava sugli immobili, specie quello dell’Imu, ha prodotto danni enormi all’economia. È ora di limitarlo.
A cura del presidente del Centro studi di Confedilizia
Corrado Sforza Fogliani