Una donna musulmana velata cammina in strada con i suoi due bambini piccoli quando, di punto in bianco, un’anziana signora le urla: «Educhi i suoi figli o se ne torni al suo Paese!», il Rapporto sull’analisi dei dati del sistema di documentazione del razzismo DoSyRa rivela questo e altri casi di razzismo in Svizzera
Nel 2019, una parte importante dei casi di discriminazione razziale segnalati è avvenuta nello spazio pubblico o sul posto di lavoro. Le forme di discriminazione razziale più frequenti sono state le disparità di trattamento e le ingiurie. Il movente citato più spesso è stata la xenofobia, seguita dal razzismo nei confronti dei neri e dall’ostilità antimusulmana. È stato riscontrato anche un aumento dei casi riconducibili all’estremismo di destra.
L’ambito di vita con il maggior numero di casi trattati (62) è stato lo spazio pubblico, mentre il posto di lavoro (50, in diminuzione rispetto al 2018) è scivolato in seconda posizione. Altri ambiti di vita dove le discriminazioni razziali sono avvenute con una certa frequenza sono stati il vicinato, la formazione e i rapporti con l’amministrazione e la polizia.
Dopo la xenofobia in generale (145), il movente di discriminazione indicato più spesso è il razzismo nei confronti dei neri (132). Segue, in terza posizione, l’ostilità antimusulmana (55). I casi riconducibili all’estremismo di destra (36) sono aumentati sensibilmente. Lo specialista di un consultorio, per esempio, ha riferito di diversi episodi avvenuti in un Comune con protagonisti alcuni allievi che avevano diffuso simboli e fatto gesti di estrema destra (p. es. il saluto nazista) e perfino aggredito verbalmente e fisicamente un adolescente nero. L’intervento e i colloqui condotti dal consultorio hanno contribuito a sensibilizzare le persone coinvolte e a calmare la situazione.
Con 23 casi segnalati, anche il profiling razziale è stato un tema ricorrente nella consulenza. Una donna, per esempio, si è rivolta a un consultorio perché al rientro da un viaggio di lavoro è stata l’unica passeggera a essere tratta in disparte dalla polizia aeroportuale e dalle guardie di confine. Malgrado tutti i suoi documenti fossero in regola, senza fornirle alcuna spiegazione, è stata scortata in un locale separato e sottoposta a un interrogatorio aggressivo; le è stato controllato il bagaglio e ha dovuto spogliarsi (vedi questo caso nel dettaglio e altri casi in basso).
Il rapporto 2019 analizza 352 casi di discriminazione razziale censiti dai 22 consultori della Rete di consulenza per le vittime del razzismo attivi nelle diverse regioni del Paese. Il rapporto non pretende di rilevare e analizzare tutti gli episodi di discriminazione razziale avvenuti in Svizzera, ma offre piuttosto una panoramica delle esperienze vissute dalle vittime di razzismo.
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Alcuni casi
Razzismo nello spazio pubblico: «Se ne torni al suo Paese!»
Una donna musulmana velata cammina in strada con i suoi due bambini piccoli quando, di punto in bianco, un’anziana signora le urla: «Educhi i suoi figli o se ne torni al suo Paese!» La donna cerca di difendersi, ma l’anziana alza i toni e diventa ancora più aggressiva. La vittima si sente impotente e disperata. In passato è già stata più volte insultata a causa del velo che indossa e ha sempre più paura a uscire di casa.
Suo marito si rivolge a un consultorio che lo aiuta a inquadrare la situazione e lo rassicura sul fatto che il comportamento dell’anziana non va bene. Anche alla vittima viene proposta una consulenza, ma lei declina l’offerta.
Razzismo nei confronti dei neri: insulti ed esclusione in una classe
La signora M. si è da poco trasferita in campagna con i suoi due figli che frequentano rispettivamente il quinto e il sesto anno della scuola dell’obbligo. Nella nuova classe entrambi i ragazzini vengono bersagliati da pesanti insulti razzisti incluso l’epiteto «negro».
Dopo aver discusso la situazione con la madre, il consultorio contatta l’operatrice sociale scolastica. Viene così a sapere che, da due anni, nella classe in questione gli episodi di mobbing sono all’ordine del giorno. La scuola ha già fatto molto per contrastarli e il clima tra gli allievi è migliorato, nondimeno capita ancora spesso che vengano proferiti «insulti odiosi». D’intesa con l’istituto e con l’operatrice sociale, il consultorio effettua un intervento nella classe interessata che calma la situazione.
Estremismo di destra: slogan razzista «White Power» su un edificio in pieno centro
La signora L. segnala la presenza dello slogan razzista «White Power» su un edificio lungo una strada del centro. Dichiara di essersi già rivolta a tutte le istituzioni cantonali e comunali per chiederne la rimozione, ma di essere stata informata dalla polizia che spetta al proprietario dell’edificio intraprendere i passi necessari a tale scopo.
Il consultorio conferma che lo slogan in questione costituisce una discriminazione razziale ai sensi dell’articolo 261bis CP e presenta una denuncia penale. Il pubblico ministero che si occupa del caso ordina la rimozione dalle scritta incriminata.
Profiling razziale: controllo all’aeroporto di Ginevra
Originaria dell’Africa occidentale, la signora M. lavora come capoprogetto per un’organizzazione internazionale di Ginevra. Al suo rientro da un viaggio di lavoro, appena atterrata, viene sottoposta a un controllo del passaporto e, malgrado tutti i suoi documenti siano in regola, lei è l’unica passeggera a essere tratta in disparte. Senza fornirle alcuna spiegazione, gli ufficiali la scortano attraverso tutto l’aeroporto, ciò che risulta estremamente umiliante per la donna. In un locale separato, le controllano il bagaglio, la interrogano con tono aggressivo e le ordinano di spogliarsi. Nessuno le spiega perché è stata controllata e nessuno si scusa per i disagi arrecatile. Quando infine la lasciano andare, la signora M. si sente a pezzi e sotto shock per l’esperienza vissuta. Il controllo l’ha destabilizzata al punto che è costretta ad annullare un viaggio di lavoro già programmato.
Il consultorio prende direttamente contatto con il servizio di sicurezza dell’aeroporto di Ginevra. Durante un colloquio personale con la signora M. e il consultorio, l’ufficiale di stato maggiore responsabile spiega i motivi del controllo. Ammette che, spesso, le operazioni come quella descritta vengono condotte a sorpresa e possono risultare scioccanti. Chiarisce anche che, malgrado la persona controllata sia innocente, questi controlli comportano automaticamente un’iscrizione nella banca dati doganale svizzera dove rimane per cinque anni, ma promette di fare il possibile affinché venga cancellata. Questo caso ha permesso al consultorio di instaurare con l’ufficiale di stato maggiore una collaborazione duratura per i casi di discriminazione razziale.