Fermare i razzisti nel calcio italiano: tutti d’accordo sul fine. Ma a far discutere – e a riportare al centro la palla dell’antirazzismo anche in assenza di cori anti-Balotelli – è questa volta un’altra questione: chi deve fermare le partite in caso di ‘buuh’ e insulti al colore della pelle?
A chiedere che gli arbitri sospendano i match, se serve, è il ministro dell’Interno Roberto Maroni, in nome di una parola d’ordine in voga: tolleranza zero.
Immediata la risposta del presidente della Federcalcio Giancarlo Abete: nessuno sconto al razzismo, nessun tabù nel fermare le partite, l’arbitro lo farà ma solo se il Viminale cambierà le sue norme. Oggi, infatti, l’unico che può decidere è il responsabile dell’ordine pubblico.
“Ma come fa l’arbitro a capire se è il caso di sospendere una partita?”, si chiede Gigi Del Neri, allenatore della Sampdoria, dando voce alle perplessità di chi immagina i direttori di gara divisi tra un presunto fallo da rigore, una simulazione, un mani in area, e un “se saltelli…” in arrivo dalle curve. Eppure la Federcalcio si dice pronta a dare quest’altra incombenza ai direttori di gara. Purché il Ministero cambi le sue regole. “È spesso difficile – ha detto Maroni – distinguere tra un coro razzista e uno sfottò legato all’appartenenza di un calciatore all’altra squadra. Ma proprio perché è difficile, io sono convinto che non si debba sottovalutare. Non dipende dal ministro dell’interno intervenire quando c’è una partita in corso, ma credo davvero che la Figc debba darsi delle regole molto rigide: se c’è anche il minimo dubbio che ci sia un coro razzista – ha concluso Maroni – l’arbitro deve immediatamente sospendere la partita e prendere provvedimenti conseguenti”.
In effetti, non spetta al ministro, ma al questore o a chi lo sostituisce: lo stabilì la direttiva del Viminale introdotta il 1° febbraio 2000 (ministro Enzo Bianco, capo della polizia Gianni De Gennaro) dopo che all’Olimpico era apparso uno striscione degli Irriducibili che inneggiava alla “Tigre Arkan”. Ne nacquero polemiche sull’invasione di campo, ma si ritenne inevitabile che a decidere se fermare la partita (e magari se rimandare a casa migliaia di spettatori) fosse il responsabile dell’ordine pubblico, e non un uomo di calcio. Nel 2005 (ministro Pisanu, capo della polizia De Gennaro) la circolare estese agli striscioni “di discriminazione razziale” la facoltà dello stop, e lasciò i poteri al Viminale. Infine, il 5 maggio 2009 (ministro Maroni, capo della polizia Antonio Manganelli) l’ultimo passo: la partita si può fermare anche in caso di cori razzisti, ma decide sempre il questore o chi, al suo posto, allo stadio ha responsabilità di ordine pubblico.
La Federcalcio recepì subito quella norma, lasciando all’arbitro solo la possibilità di consultarsi con l’uomo del Viminale, e anticipò in tema di antirazzismo l’Uefa, che senza vincoli di legge dà per le sue partite poteri all’arbitro. Ma neanche in Europa si è mai verificato un caso di partita fermata dall’Uefa per cori contro giocatori di colore.
D’altra parte le parole del presidente Michel Platini, che chiedeva all’Italia di chiudere gli stadi, hanno destato più di una perplessità negli ambienti Figc.
La confederazione europea, d’altra parte, non brilla per celerità: l’inchiesta per i cori contro Balotelli in Bordeaux-Juve del 25 novembre scorso è ancora aperta.
“La circolare del Viminale che ha esteso anche ai cori razzisti la misura dello stop alle partite – ha spiegato Abete – contiene una indicazione esplicita: spetta al responsabile dell’ordine pubblico decidere se sospendere o no un incontro di calcio. Nelle nostre norme antirazzismo, che l’Italia ha introdotto ancor prima delle misure adottate dall’Uefa, non potevamo non tenere conto di questo indirizzo normativo. Se ora il Viminale cambierà quella circolare, gli arbitri potranno assumersi la responsabilità di decidere quando va fermata una partita. La Federcalcio è in prima linea nella lotta al razzismo, non faremo nessuno sconto”.
Contro Maroni i Radicali (“propone e dispone, senza mai però accompagnare con norma di legge le sue richieste”), ma in attesa di capire a chi spetta l’ultima parola sullo stop alle partite il calcio si divide. “Maroni ha ragione”, dicono Cosmi, Prandelli, Muntari, Guidolin. “Non è giusto che molti paghino per pochi”, risponde il tecnico del Genoa Gasperini. Chiude Cristiano Lucarelli: “Sono anni che il problema esiste, non c’era bisogno di Platini e Maroni per dire che in caso di cori razzisti le partite vanno fermate: la Federcalcio deve intervenire, ma la politica deve fare la sua parte”.
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