Il Tribunale civile di Milano respinge il ricorso di Valerio Onida. Dal 16 novembre italiani all’estero al voto. Ripercussioni della vittoria di Trump sulla campagna referendaria
Il costituzionalista Valerio Onida e un pool di legali avevano fatto ricorso contro la consultazione popolare, ritenendo che la legge istitutiva del referendum violerebbe la Costituzione. Le motivazioni riguardano le 5 questioni del pacchetto di riforme; superamento del bicameralismo paritario, il numero dei parlamentari ridotto, contenimento dei costi della politica, l’abolizione del Cnel e la revisione del titolo V della Costituzione. Secondo Onida, gli elettori dovranno votare Sì o No su questioni diverse e questo lede la libertà di voto, perché le questioni non sono separate tra di loro. La giudice civile Loreta Dorigo ha motivato la decisione del tribunale spiegando “che la Costituzione all’art. 138 connota l’oggetto referendum costituzionale come unitario e non scomponibile”. Se si votasse su più quesiti la consultazione popolare, si trasformerebbe in un referendum propositivo, anziché confermativo. Il Tribunale civile di Milano dà così il via libera alla votazione del 4 dicembre e gli italiani potranno decidere su un quesito referendario intatto, che resta uno solo.
I primi a esprimersi sul referendum saranno i 4.023.902 di cittadini italiani all’estero aventi diritto al voto, che riceveranno per posta il plico elettorale entro il 16 novembre. Le Ambasciate e i Consolati saranno aperti nel fine settimana del 25-27 novembre e il termine ultimo entro il quale le schede votate dovranno pervenire agli Uffici consolari sarà il 1° dicembre. Il premier Matteo Renzi, soddisfatto della decisione del Tribunale civile di Milano, ha inviato agli italiani all’estero una lettera per invitarli a votare Sì: “Siamo a un bivio, possiamo scegliere tra il non cambiare nulla o riformare il nostro Paese. Dipende da voi”. La missiva ha fatto discutere e i comitati del No chiedono un incontro al capo dello Stato e al ministro degli Esteri per denunciare quello che Paolo Romani, capogruppo azzurro alla Camera, chiama “uno sgarro istituzionale”.
Dopo il voto per le presidenziali USA, che ha eletto il repubblicano Donald Trump alla Casa Bianca, ci si chiede se il voto avrà ricadute sulla campagna referendaria italiana. I sondaggi americani avevano previsto un vantaggio per la candidata democratica Hillary Clinton e dopo il voto si è parlato di un fiasco degli istituti. Per i sondaggisti italiani non c’è stato nessun errore, perché i dati “sono rimasti nel margine di errore che consente uno sbaglio fino al 3.3%”, ha affermato Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing. I sondaggi danno ancora il No in vantaggio di 1-3 punti e quindi tutto è ancora possibile, anche perché il 5% degli elettori potrebbe cambiare opinione in cabina elettorale, mentre per Ixè l’affluenza alle urne sale al 61% (+3% in una settimana). Il rischio maggiore per Renzi è che anche lui sia identificato con l’establishment, come la Clinton. Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio al videoforum di Repubblica Tv ha detto: “Che la vittoria di Trump non peserà sull’esito del voto e che Renzi non è l’establishment italiano”.
Intanto i sostenitori del No hanno reagito positivamente alla decisione del Tribunale civile di Milano, osservando che così “si può votare” e continuano nella loro campagna referendaria. Gli esponenti del M5s Di Maio e Di Battista percorrono in treno l’Italia e fanno campagna per il No tra i pendolari. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha radunato i suoi 300 sindaci a Firenze, dal palco di Santa Croce ha mandato stoccate a Renzi “chi paga i 4 milioni di lettere all’estero? Lo denunceremo” e al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “Con la riforma che faremo noi ci sarà l’elezione diretta del presidente del Consiglio, e manderemo in soffitta il presidente della Repubblica che non serve a niente”. Inoltre ha lanciato la sua candidatura a leader del centrodestra. Sul fronte del Sì è arrivato un appello sulle ragioni delle donne per dire Sì. Il testo è stato firmato da 150 donne che provengono da mondi diversi, tra le quali: la regista e scrittrice Cristina Comencini, la filosofa Francesca Izzo, le scrittrici Susanna Tamaro e Chiara Gamberale, la sociologa Giovanna Zincon. Le ragioni sono molte, si legge nel testo, tra le quali: “Per la prima volta viene introdotto nella Costituzione il principio dell’equilibrio della rappresentanza riconoscendo che il popolo sovrano è composto da uomini e donne”.
Gaetano Scopelliti
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