Gli italiani si esprimeranno sulla riduzione di un terzo del numero dei parlamentari di Camera e Senato. All’estero si vota entro il 15 settembre!
Quello che si terrà il prossimo 20 e 21 settembre sarà il quarto referendum costituzionale nella storia della Repubblica Italiana dopo il referendum sul Titolo V del 2001, quello sulla riforma costituzionale del centrodestra nel 2006 e quello sulla riforma costituzionale voluta dal PD nel 2016. Questa volta, come è noto, nel mirino c’è il numero dei parlamentari italiani ritenuto troppo alto: ad oggi l’Italia ha un numero di parlamentari per numero di abitanti simile a quello dei grandi paesi europei. Se la riforma in oggetto del referendum dovesse essere approvata, l’Italia diventerebbe uno dei paesi con il più basso livello di rappresentanza politica in rapporto alla popolazione dell’intera Unione Europea. Vale a dire che se ad oggi si ha un deputato ogni 96mila abitanti, con la riforma si passerebbe a circa 151mila abitanti per deputato.
In termini di numeri effettivi, con l’approvazione della riforma si ridurrebbero i seggi alla Camera da 630 a 400 e quelli al Senato da 315 a 200, ovvero una riduzione di circa un terzo.
Il taglio più importante riguarda proprio la rappresentanza all’estero: il numero già esiguo di parlamentari eletti dagli italiani all’estero, infatti, si ridurrà ulteriormente i deputati da 12 a 8 e i senatori da 6 a 4.
Il referendum non necessita del raggiungimento del quorum, ovvero sarà valido indipendentemente dal numero di votanti. Questo significa che è importante votare per esprimere la propria scelta.
Chi vota SÌ sceglierà di far approvare la riforma costituzionale e quindi approverà la diminuzione del numero dei parlamentari italiani.
Chi vota NO, invece, sceglierà l’abrogazione della riforma costituzionale lasciando invariato il numero dei parlamentari italiani.
Tempi e modalità di voto all’estero
Il referendum costituzionale 2020 per la diminuzione del numero dei parlamentari in Italia sarà il prossimo 20 e 21 settembre. Per tutti gli italiani all’estero, iscritti regolarmente all’AIRE, i tempi si accorciano.
Chi è iscritto all’anagrafe degli italiani all’estero dovrà ricevere il plico elettorale con le schede e le istruzioni entro il 6 settembre e consegnarlo al proprio consolato di riferimento entro il 15 settembre. Se non si riceve il materiale elettorale entro il 6 settembre, bisogna richiedere il duplicato al proprio Consolato.
Chi vuole il Sì
Il taglio dei parlamentari è uno dei cavalli di battaglia del M5s, non a caso in questi giorni il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, durante i suoi interventi, pone spesso l’attenzione sul referendum, affermando la necessità della diminuzione del numero dei parlamentari come percorso che “porterà all’approvazione della legge elettorale, che deve essere una legge che permette ai cittadini di essere rappresentati e al Paese di essere governato nel migliore dei modi”, afferma il ministro degli Esteri durante una diretta Facebook. Secondo il ministro, “con un numero minore di parlamentari la qualità delle leggi si alzerà”. Inoltre “Attraverso il referendum avremo occasione di rafforzare il ruolo del Parlamento anche attraverso la revisione dei regolamenti”. Infine, spiega ancora Di Maio, “Se andiamo a vedere la media dei principali Paesi che abbiamo in Europa o vicino all’Europa vediamo che Francia e Germania hanno un parlamentare elettivo ogni 117mila abitanti. Nel Regno Unito ogni 102 mila abitanti. Noi uno ogni 64mila abitanti. Significa che sono troppi e noi dobbiamo normalizzare il rapporto tra numeri di abitanti e numero di parlamentari. Io credo che la stragrande maggioranza degli italiani sia d’accordo”. Tra i partiti italiani sono soprattutto i partiti di destra, Lega e Fratelli d’Italia, a supportare il Sì al referendum costituzionale, mentre Forza Italia è diviso.
Alcuni falsi miti
Chi si oppone alla causa del Referendum Costituzionale, invece, pone diverse questioni e soprattutto svela scenari differenti andando a smentire molte delle ragioni supportate da chi vuole la diminuzione dei parlamentari italiani. Vediamo quali:
Nessuna riforma in supporto al taglio dei parlamentari e rischio rappresentanza
Una semplice riduzione numerica senza supporto di un’ampia e corretta riforma mette a rischio la rappresentatività. Se passasse il SÌ, un singolo parlamentare rappresenterebbe una fetta di popolazione maggiore mentre le minoranze sarebbero meno rappresentate. In questo modo, al Senato alcune Regioni più piccole verrebbero penalizzate. Spiega Lorenzo Cuocolo, professore di Diritto costituzionale comparato ed europeo all’Università di Genova che “le Regioni più piccole – come la Liguria – avranno una grande difficoltà ad essere compiutamente rappresentate in Senato, sia con esponenti della maggioranza, sia con esponenti delle minoranze. La riforma avrà un effetto iper-selettivo, limitando sensibilmente la voce in Parlamento delle forze minori e distorcendo la rappresentanza a vantaggio dei territori più popolosi”.
L’efficienza non è sinonimo di velocità
Luigi Di Maio parla di maggiore efficienza e qualità delle leggi italiane, ma i sostenitori del NO non sono d’accordo poiché una legge varata in tempi brevi non significa che sia corretta, anzi, potrebbe compromettere ulteriormente la logica dell’efficienza. Inoltre, l’attività del Parlamento è dettata dai ritmi del Governo e i lavori di commissione non saranno facilitati, per cui con un parlamento ridotto per avere garantita una buona efficienza, bisognerà avere a disposizione maggiori risorse per gli uffici e i collaboratori e questo potrebbe comportare una maggiore spesa.
A proposito di risparmio della spesa
Uno dei motivi trainanti del SÌ è la riduzione della spesa pubblica con la diminuzione del numero degli stipendi dei senatori. Ma si tratta di uno specchietto per le allodole, perché questa riforma porterebbe ad un reale risparmio di 1,35€ per cittadino. Inoltre, spiega il movimento delle Sardine che si schiera apertamente con il NO, “nessuno dice che il costo dei parlamentari non è al primo posto nel costo pubblico”. Se rapportato alla spesa pubblica italiana, il costo dei 945 parlamentari italiani pesa soltanto lo 0,21% della spesa pubblica annuale.