Pier Ferdinando Casini: “In termini politici è la Lega che comanda Berlusconi si è dovuto piegare” “Berlusconi ormai è sotto scacco della Lega”.
È questo il refrain che domina le critiche dell’opposizione all’esecutivo dopo le ultime elezioni in cui se, come al solito, nessuno dichiara di aver perso, è comunque vero che tutti concordano nell’assegnare alla Lega la palma del vero vincitore.
E per un Carroccio che marcia spedito c’è un Pdl che, pur non avendo di fatto rivali, ha comunque raccolto meno di quanto previsto.
Inevitabile, quindi, una redistribuzione delle quote di potere interne alla maggioranza.
Che, peraltro, sembra già iniziata, o almeno così lasciano supporre le prime dichiarazioni rilasciate da Berlusconi dopo le elezioni: “Non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 giugno”, ha detto il premier il giorno dopo aver incontrato a cena il leader leghista Umberto Bossi, con il quale il Cavaliere ha assicurato di condividere un “comune e forte impegno” a sostegno dei candidati nei ballottaggi per “completare l’eccezionale successo della quasi totalità delle amministrazioni già conquistate al primo turno.
A tal fine hanno garantito il loro personale coinvolgimento nelle ultime due settimane di campagna elettorale.
Il Presidente Berlusconi ha altresì ritenuto di esplicitare che la riforma della legge elettorale debba essere conseguente alle riforme, da tutti auspicate, del bicameralismo perfetto e che, pertanto, non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 giugno. Anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti è intervenuto per spiegare gli esatti termini della rinnovata intesa tra il premier e il Senatur: “Ogni volta che c’è una qualche decisione da prendere all’interno della maggioranza, interviene un accordo preciso tra il Senatur Bossi e il presidente Berlusconi.
Tutto viene sistemato in questa sorta di “camera di compensazione” sulla base di accordi precisi che poi reggono nei fatti”.
Il portavoce del governo non drammatizza, inoltre, per il mancato raggiungimento della quota del 40%, percentuale che per Bonaiuti era stata prevista solo da sondaggisti che si sono distinti per una “sottovalutazione dell’astensionismo”, dovuta all’“altalena del gossip e del pettegolezzo’’ che “ha provocato un certo allontanamento da parte degli elettori”.
A sinistra, intanto, si grida ad un governo sempre più “Bossicentrico”.
“Come volevasi dimostrare il premier molla il suo impegno sul referendum. Berlusconi ha una parola molto ondivaga, i suoi impegni della mattina non sono validi a sera.
È evidente che dopo il risultato elettorale deve privilegiare l’alleato Bossi, del quale è sempre più ostaggio, per assicurarsi l’impegno per i ballottaggi”, ha detto il senatore del Pd Giorgio Tonini. E il presidente del Comitato promotore del referendum Giovanni Guzzetta è ancora più duro: “Bossi ricatta e Berlusconi esegue.
Sono passati 10 giorni dalle elezioni ed è evidente che Bossi ha già chiesto un posto in più in Rai, due Regioni e la rinuncia al referendum. Queste Europee, al contrario, dimostrano che gli italiani vogliono il bipartitismo’’.
“Siamo lieti che Berlusconi si disimpegni’’ dal referendum, ha detto invece il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, che ha aggiunto: “In termini politici la Lega comanda e Berlusconi si è dovuto piegare”.