Il presidente del Consiglio Matteo Renzi continua la sua “one man” campagna referendaria. L’obiettivo primario sono gli indecisi
A due mesi dal voto sul referendum costituzionale (4 dicembre) i dati di diversi sondaggi rivelano una realtà comune: gli indecisi sono tanti, circa il 30%, e decideranno come votare solo due settimane prima. Convincerli è l’obiettivo che si è prefisso Renzi per dare il colpo di coda al “No” leggermente in vantaggio per i sondaggisti. Il premier ha iniziato la campagna referendaria a tappeto, incurante della personalizzazione che ancora la caratterizza, e non perde un appuntamento tra televisione (duello con il costituzionalista Zagrebelsky a LA7) e convegni per promuoverlo. Nel mezzo la “resa dei conti” all’interno del Pd, che il 14 ottobre ha computo nove anni dalla nascita, una fusione tra Ds e Margherita per un partito riformista che avrebbe dovuto traghettare la sinistra nella modernità.
Nella Direzione nazionale del Pd Renzi ha affrontato di petto la minoranza di oppositori interni “per tenere unito il partito non posso fermare il Paese” e ha aperto sul cambiamento della legge elettorale Italicum toccando i tre pilastri della legge elettorale: doppio turno, premio di maggioranza, elezione dei deputati. La proposta è passata all’unanimità e prevede una delegazione interna con la partecipazione di un esponente della minoranza. “siamo totalmente disponibili a lavorare, chiedo solo che la delegazione senta tutti gli altri partiti” ha spiegato Renzi, ma i lavori inizieranno dopo il referendum. Proposta che non convince la minoranza che vorrebbe subito, prima del 4 dicembre, una proposta per cambiare la legge elettorale. Se Renzi dovesse trovare un accordo sulle modifiche della legge elettorale, è probabile che Renzi otterrà la vittoria al referendum. Un “No” significherebbe probabilmente la fine della carriera politica di Renzi, come premier e segretario del Pd.
In attesa delle decisioni del TAR del Lazio sul ricorso Sinistra Italiana e il Movimento 5 Stelle contro il testo del quesito referendario, la questione sul referendum resta tesa. Renzi resta l’unico punto di riferimento del “Sì”. Il referendum è uno strumento democratico che negli ultimi casi (Brexit) è stato usato per votare contro. Renzi lo sa e la sua campagna referendaria non lascia nulla al caso. Anche l’imminente manovra economica 2017 giocherà per Renzi un ruolo importante. Il premier vuole farla approvare entro la metà di ottobre. È con misure economiche che promettono un futuro più roseo per i diversi settori del Paese, che Renzi spera di convincere una parte di indecisi. Si tratta però anche di una mossa finalizzata alla salvaguardia della nuova manovra economica. Un “No” al Referendum con seguente crisi del Governo, non toccherebbe la Legge di Stabilità, che resterebbe salva. Renzi e il referendum, la personalizzazione pare resti la via obbligata. Lo dimostrano la presenza ossessiva sui media e che Renzi rappresenti e incarni la politica governativa e del Pd. Il rischio di saturazione è alto. Il Presidente del Consiglio si è preso la scena, ma dovrà capire che alternare momenti di campagna a tappeto a momenti di tregua potrà essere una mossa vincente. Difficilissima impresa a ridosso della votazione che per lui significa tutto o niente.
Gaetano Scopelliti
foto: Ansa