La Corte di Cassazione con ordinanza n° 8283/2020 ha confermato illegittimo l’orientamento di alcune precedenti pronunce, travolgendo così l’attività determinata delle Agenzie delle Entrate, impegnate al riclassamento catastale, in quanto inadeguato. Di fatto, ritenendo illegittima la revisione massiva della rendita degli immobili, dando così ragione ai contribuenti. Il tutto ha origine dalle disposizioni di legge e precisamente dall’art. 1 comma 335 della Legge 311/2004, per mezzo della quale i comuni possono intervenire per attivare una parziale revisione del classamento catastale relativamente ad alcuni immobili posti in aree particolari, che presentino anomalie di contrasto tra il valore medio immobiliare e rilevato sul mercato e il valore medio catastale rilevato.
L’applicazione di tale norma ha innescato una revisione consistente dei classamenti a livello di micro zone con conseguente aumento delle rendite catastali. Nel territorio intorno a roma il riclassamento catastale ha interessato 17 zone valutate fuori dalla norma, si è proceduto all’aggiornamento delle rendite catastali di circa 200 mila immobili. A seguito di un lungo iter processuale, che ha visto l’intervento della Corte Costituzionale rif. (249/2017), la Cassazione, ha stabilito che gli atti di riclassamento catastale, affinché siano giustificati, necessitano di una rigorosa, attenta, non che specifica e razionale motivazione, riferita alla zona in esame in cui esiste l’immobile, sia riguarda l’immobile stesso.
L’orientamento decisionale della Corte di Cassazione, è diretto al principio che, una valida motivazione della rettifica non può fondarsi esclusivamente sulla evoluzione del mercato immobiliare, ma deve essere riferita specificatamente al valore degli immobili presenti in quella zona, tenendo conto congiuntamente delle caratteristiche specifiche di ciascuna unità immobiliare presente nella zona, ed anche alle caratteristiche complessive della zona stessa. L’esito definitivo pertanto pare sia scontato a favore dei contribuenti.