Il governo abolisce l’Imu sulla prima casa ma frena il pressing del Pdl, mentre nel partito di Letta è iniziata la fase congressuale
La barra mantenuta dal premier Enrico Letta è una sola: avanti tutta dritta. E’ questa la linea studiata all’indomani della condanna di Berlusconi e della questione della sua decadenza da senatore: tenere distinte le vicende personali da quelle del governo. Col passare dei giorni c’è stata la ripetizione del concetto: non tocca al governo trovare soluzione al caso, ma al Parlamento. Quando poi è intervenuto Luciano Violante a dare base giuridica all’ipotesi di ricorso sulla interpretazione della legge Severino, Letta, in quanto premier attento alla stabilità dell’Esecutivo, ha puntualizzato: “La separazione delle due vicende non significa non rispettare il diritto alla difesa”. Ovviamente, non è stato facile per Letta ignorare le minacce, ma le ha bollate di “inaccettabili” come inaccettabili, ha detto, sono gli ultimatum.
La scadenza della fine di agosto era importante: si trattava di decidere sull’Imu e il governo, dopo giorni di trattative tra gli alleati, ha deciso con un decreto che mette fine alle polemiche durate alcuni mesi. L’Imu sulla prima casa verrà abolita, come è sparita la tassa sui terreni agricoli e i fabbricati rurali. Nel 2014 ci sarà la “Service tax”, che raggrupperà la tassa sulla casa e sull’immondizia, secondo il principio che chi più inquina, più paga. Ovviamente la nuova tassa non sarà sulla prima casa. Il governo un paio di giorni dopo ha chiarito che si pagherà anche nell’anno in corso sulle seconde case, ovviamente, ma che non ci sarà “nessuna tassazione aggiuntiva sulle seconde case (quelle sfitte) e su Irpef. Altri provvedimenti approvati con lo stesso decreto: la cedolare secca sugli affitti a carico dei proprietari scenderà dal 19 al 15% sugli affitti concordati e il rifinanziamento della cassa integrazione per altri 500 milioni. La deducibilità al 50% dell’Imu sugli immobili strumentali delle imprese è saltato, ma c’è l’impegno a recuperarlo ad ottobre in sede di legge sulla stabilità.
Per Letta essere riuscito ad approvare queste misure, che rilanceranno edilizia e mercato immobiliare, è stato un successo, non per nulla appena dopo l’approvazione del decreto ha detto che “il governo non ha più scadenze”.
Messo al sicuro il governo, si giocano due partite. Una è tutta interna al Pdl e sembra che abbia preso una svolta più istituzionale ma comunque in salita, perché in ogni caso la condanna ha decretato la fine più o meno a breve scadenza di Berlusconi; l’altra tutta interna al Pd, il quale magari dovrà trovare un escamotage sulla questione della decadenza di Berlusconi per salvare il governo e allontanare lo spauracchio delle elezioni, ma che è avviato ad una partita che influirà sulle prospettive politiche e istituzionali dei prossimi anni.
Epifani, segretario pro tempore, in sostanza si muove lungo due direttive. La prima è un richiamo a Letta affinché l’azione di governo sia orientata non solo a porre un freno agli ultimatum del Pdl (meno sudditanza al partner delle larghe intese) e a mettere l’accento di più su “cose di sinistra” per soddisfare le esigenze del popolo di sinistra, ma anche per contrastare l’offensiva di Renzi che ormai è deciso a dare battaglia per conquistare partito e candidatura a premier. E’ evidente che dietro Epifani ci sono tutti quelli – e sono sempre di meno – che vedono in Renzi, cioè in un uomo solo al comando, la “berlusconizzazione” del Pd. Bersani e D’Alema, per quanto in questo momento si trovino su posizioni ed alleanze distinte, sono fautori dell’idea di un partito collettivo, quindi di un leader che sia espressione di una visione globale che salvaguardi la complessità dei problemi e dei bisogni di una società moderna, non di un leader solitario che non è nel Dna della sinistra.
Renzi, d’altra parte, è consapevole delle difficoltà, ma ha deciso di andare avanti e di giocare la sua partita, che è poi quella di un Pd a vocazione maggioritaria, di veltroniana memoria. L’idea è vecchia, ed è fallita con Veltroni per i noti potentati interni, ma viene interpretata da un personaggio nuovo che ha tutta l’aria di portare il popolo di sinistra alla vittoria e di rinnovare la politica.
La candidatura ufficiale ci sarà con le regole congressuali che saranno approvate il 20 settembre, ma in realtà la corsa è iniziata a ritmo vertiginoso. Ecco i passaggi fondamentali che segnano le coordinate del pensiero e dell’azione di Matteo Renzi. Le sue intenzioni: “Se diventerò segretario del Pd, la prima cosa che rottamerò saranno le correnti interne”. Su Berlusconi: “L’unica promessa elettorale che Berlusconi ha mantenuto in vent’anni gliel’abbiamo fatta mantenere noi: l’abolizione dell’Imu”. Oppure: “Berlusconi è finito. In qualsiasi Paese civile un condannato definitivo per evasione fiscale sarebbe andato a casa da solo. Oggi noi non abbiamo più la rassicurante presenza di Berlusconi che ci tiene insieme. A farci stare insieme devono essere grandi idee per l’Italia”. Sul programma: “Più uguaglianza: sono uno scandalo le pensioni da 91 mila euro al mese. Welfare anche per chi è privo di garanzie. Asili nido per tutte le donne, come in Germania. Scuola che valorizzi gl’insegnanti e che non abbia paura del merito. Legge elettorale che permetta di capire chi ha vinto e chi ha perso. Un partito che rappresenti pensionati e dipendenti pubblici, come oggi, ma anche disoccupati, operai, studenti, liberi professionisti”.
Insomma, il ciclone Renzi vuole innovare la politica, con i fatti, non con le pregiudiziali o con l’odio verso l’avversario. Non per nulla, lo slogan che ha lanciato è “Detto Fatto”. Dicevamo che la vecchia guardia cercherà in ogni maniera di imbrigliare Renzi, ma questa volta sarà quest’ultimo ad imbrigliare le vecchie volpi.