Critiche sul testo dell’accordo dai centristi e dalla sinistra del Pd, ma la maggioranza degli elettori lo approva
All’indomani dell’accordo Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale, accordo firmato anche dal Ncd di Alfano, che così ha ottenuto la correzione del modello spagnolo (mentre Renzi ha ottenuto che un alleato di governo lo sostenesse), c’è stata una levata di scudi da parte di Grillo, per il quale la nuova legge sarebbe contro di lui; da parte di Scelta civica e dei centristi, che non hanno partecipato all’accordo e che, non avendo i numeri per farlo allo scoperto, cercheranno di frapporre ostacoli nelle votazioni segrete in commissione; da parte della Lega, che, per bocca di Calderoli, ha detto che “non si può fare un’altra porcata”; da parte dell’ala bersaniana e dalemiana del Pd. Ma la levata di scudi non si è verificata solo tra le forze politiche, si è levata anche tra le singole personalità che in qualche modo sono legate al mondo politico-costituzionale, da Luciano Violante ad un giudice della Corte Costituzionale, che su Repubblica ha fatto l’elogio delle preferenze, all’autore del ricorso contro il cosiddetto Porcellum, Aldo Bozzi, che ha detto che “questa legge è una vergogna”.
Cominciamo da Luciano Violante, che in una lettera apparsa sul Corriere della Sera, con il garbo che lo caratterizza, demolisce tutto l’impianto della riforma. Dice Violante: “La proposta presenta regole in parte irragionevoli, in parte inopportune, in parte imprudenti”. In sintesi, Violante dice che le soglie di sbarramento (5% per chi si coalizza, 8% per chi si presenta da solo, 12% per le coalizioni) sono troppo alte, come pure sarebbe troppo alto il premio di maggioranza (soglia del 35% per averne diritto, dunque un premio del 18% per arrivare ad avere la maggioranza assoluta del 53%, cioè la governabilità). Insomma, dice Violante, il premio sarebbe di ben 113 seggi per chi ne ha presi, con il 35% dei voti, 220. Inoltre, Violante ritiene che i partiti che in una coalizione non raggiungono il 5% siano penalizzati dal fatto che concorrono alla soglia del 35% per la coalizione ma non ottengono seggi in quanto, appunto, non hanno superato la lo sbarramento del 5%: “I loro voti conterebbero per far vincere la coalizione, ma non per prendere seggi”. Le soluzioni ci sarebbero, dice Violante: “abbassare la soglia delle liste solitarie dall’8 al 6% e alzare la soglia per il premio dal 35 al 40%”. Violante fa un’altra critica: la mancanza delle preferenze. In conclusione, l’illustre giurista, parlamentare Pd, pensa che “il rischio di incostituzionalità per un eccesso di sproporzione è quasi certo”.
Augusto Barbera, costituzionalista, lui pure Pd, ha invece detto che la proposta Renzi-Berlusconi “è non ottima ma complessivamente buona”. Barbera si scaglia contro le preferenze (“Ma ci ricordiamo cosa sono state le preferenze? Sono state alla base di tangentopoli, e vorrà pur dire qualcosa se nelle elezioni regionali in cui si usano nel Nord le esprimono il 14% dei cittadini e in Calabria il 90%. Con le preferenze si riaprirebbe il volano del clientelismo”. Quanto alle soglie di sbarramento alte e ai voti delle liste con meno del 5% che contribuiscono alla soglia del 35% della coalizione senza avere seggi, Barbera dice che è proprio questa la vera novità della legge, che così salva il bipolarismo e favorisce il bipartitismo, togliendo ai partitini il potere di condizionare la coalizione e quindi il potere di ricatto con percentuali irrisorie. Tenendo ferma la soglia di coalizione al 35%, è più facile raggiungerla e dunque è più difficile per i partitini esercitare condizionamenti. La Corte Costituzionale ha criticato nel Porcellum la mancanza di una soglia per avere diritto al premio di maggioranza, ma nella proposta Renzi questa soglia è specificata e dunque cade l’incostituzionalità.
Abbiamo indicato due dei pareri più autorevoli e motivati per mostrare la diversità di opinione. E’ però vero che i partiti che sostengono l’accordo o che lo contrastano, lo fanno solo pensando a quello che guadagnano o perdono loro, non l’Italia.
Nel Pd l’ala bersaniana e dalemiana critica la proposta per criticare Renzi. Infatti, sostenendo le preferenze, le opposizioni interne si rimangiano le loro posizioni espresse prima delle elezioni, quando Bersani era contrario alle preferenze. Nel Pd si è aperta una fase delicata. Non solo la sinistra interna si sta coalizzando (le dimissioni di Cuperlo da presidente dell’Assemblea sono dovute a motivi di diversità di opinione politica, non ai giudizi di Renzi su di lui), ma c’è il rischio, sbandierato da Rosi Bindi, che i gruppi parlamentari, in maggioranza contrari a Renzi, possano far franare l’accordo faticosamente raggiunto da Renzi-Berlusconi in vista di dare all’Italia una legge che favorisca il bipolarismo e anche il bipartitismo.
Sono in molti, nel Pd, che si sono affrettati a criticare ma anche ad appoggiare comunque la riforma che non deve stravolgere l’accordo, altrimenti salterebbe tutto. Ci proveranno in tanti, a partire dai centristi. Ci proverà lo stesso Alfano, che comunque, sostenendo le preferenze, lo farebbe per questioni di bandiera, ma senza forzare. Renzi, però, è stato chiaro: l’Italicum (finalmente un buon nome, rispetto al “Mattarellum” e al “Porcellum”) non si cambierà, altrimenti le elezioni anticipate saranno la più diretta delle conseguenze. L’avvertimento ai parlamentari Pd è chiaro: se si va a votare, gli oppositori non saranno ricandidati. A buon intenditor, poche parole.
Ultima annotazione: l’Unità e l’apparato del Pd criticano l’accordo, ma i sondaggi dicono che più del 50% degli elettori sono favorevoli.