Toni Ricciardi è stato eletto per la ripartizione Europa con 22’969 voti, ci spiega perché non vive a cuor leggero questo risultato, ci racconta delle sue priorità, ma anche delle sue preoccupazioni
Cosa ti aspetti da questo nuovo governo?
Intanto mi aspetto che non vengano smantellate alcune conquiste sociali ottenute con molta fatica, ma francamente non è quello che mi preoccupa. Non mi preoccupa nemmeno tantissimo il quadro della macchina governativa perché la storia recente ci insegna che l’opposizione è una cosa, il governo del Paese è cosa ben diversa, come è accaduto a chi voleva aprire tutto come una scatoletta di tonno. Diciamo che anche per questo aspetto esistono dei contrappesi istituzionali che in un certo modo, dal punto di vista formale, reggono e mantengono il Paese. Quello che mi preoccupa però è un’altra cosa, ovvero la narrazione pedagogica che si fa al Paese. Temo che in qualche modo si possa instaurare un clima da Far West, faccio un esempio per capirci: quando al Viminale avevamo un ministro degli interni che si faceva riprendere quotidianamente con un fucile in mano, a Macerata è accaduto che uno squilibrato ha ammazzato con un’arma da fuoco una decina di persone in strada solo perché di colore, immaginando che ci fosse una sorta di impunità. Ecco, quello mi preoccupa – e lo dico da uomo dedito alla ricerca – è che si possa diffondere il clima tipico di una società che va alla deriva.
I problemi saranno talmente tanti che non riesco a vivere a cuor leggero questo momento o a godere appieno della soddisfazione del risultato. La mia angoscia – mi auguro che molti abbiano la stessa sensazione che provo io – è riuscire a dare il mio contributo anche solo con una virgola, per risolvere qualche problema alle persone.
Io mi pongo con l’approccio che ho sempre avuto, non sono amante del comunicatificio, credo che bisognerà fare uno sforzo collettivo trasversale, al di là delle appartenenze partitiche e politiche, la campagna elettorale è finita. I problemi li conosciamo, poi possiamo discutere della strada attraverso la quale raggiungere la risoluzione del problema, però alla fine dei conti, bisogna dare delle risposte alle persone. L’aspettativa è tanta e io ringrazio davvero tutti per questo risultato che ho ottenuto. Vi dico che io questa responsabilità la sento tutta.
Una priorità da trattare per quanto riguarda le problematiche degli italiani all’estero?
La prima priorità in assoluto è la manovra finanziaria, sulla quale bisognerà incidere per le risorse da destinare alla comunità all’estero, perché nella fase complicata che stiamo vivendo è chiaro che si cercherà di tagliare ovunque. Nella mia campagna elettorale, come anche prima nel mio lavoro, ho sempre sostenuto il concetto che noi dobbiamo essere approvati come la ventunesima regione d’Italia. Se siamo identificati come la ventunesima regione, i nostri problemi devono essere trattati nelle specifiche commissioni tematiche.
Da un lato c’è la priorità delle risorse perché è una scadenza immediata che abbiamo, dall’altro lato la priorità assoluta è quella di predisporre delle norme per migliorare i servizi consolari. La mia proposta, fatta in campagna elettorale, è quella di adottare per i passaporti, ad esempio, la stessa procedura come per la cittadinanza, ovvero che più passaporti produci più risorse entrano al Consolato e quelle risorse possono essere utilizzate per assumere personale in loco. Cercare di fare un’operazione del genere, se maggioranza e opposizione trovano una sintesi rispetto a questa cosa, secondo me porterebbe qualche passo in avanti. Il problema è che le procedure sono molto lente, bisogna armarsi di pazienza, di tenacia e di uno spirito collaborativo.
Qual è stato o qual è il clima che hai sentito durante la campagna elettorale, ma anche ora, dopo la tua elezione tra le persone che hai incontrato?
In campagna elettorale ho avvertito molte aspettative, ho girato una decina paesi in un mese e ho partecipato a molti incontri, parlando così con migliaia di persone. Da un lato leggevo negli occhi come se questa fosse l’ultima occasione: la gente è talmente stufa che sembra pensare che, se anche questa volta non si risolve qualcosa, non vorrà più avere niente a che fare con la politica. La passione per la partecipazione alla politica è generata e alimentata solo se si riesce a dare risposte.
Dall’altro lato ho percepito incomprensione per quanto accaduto rispetto alla caduta del governo Draghi. La gente non ha capito sostanzialmente perché uno come Draghi sia stato sfiduciato. Poi dipende anche un po’ dal contesto, mi è capitato di incontrare liberi professionisti, imprenditori di start-up e ricercatori che mi chiedevano determinate cose, mentre nei tanti incontri con la comunità storica e tradizionale veniva fuori soprattutto la richiesta della risoluzione di piccoli problemi, ma soprattutto di avere dei riferimenti certi, cioè per loro è fondamentale non sentirsi soli.
Manuela Salamone