Con la presentazione delle liste elettorali sabato 27 febbraio, la campagna elettorale è entrata nel vivo. In un’intervista al Corriere della Sera Massimo D’Alema ha auspicato un ridimensionamento di Berlusconi in modo che altre personalità, tipo Fini e Pisanu, possano emergere e favorire le riforme per “fermare la deriva dell’Italia”. In un’altra intervista al Corriere, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ribatte che D’Alema “è banalmente elettorale” perché mira a dividere il centrodestra per un puro calcolo elettorale e che il leader del Pd “avvelena i pozzi” per prolungare l’instabilità.
Durante il mese di campagna elettorale ne vedremo di tutti i colori, perché i partiti, specie quelli di opposizione che temono di non poter mantenere il risultato di cinque anni fa – 10 a 2 per il centrosinistra – faranno di tutto per estremizzare toni e accuse. Lo si è già visto nella manifestazione “viola” di sabato 27 a Roma, dove i diecimila partecipanti, secondo la questura, hanno riproposto un solo tema, l’antiberlusconismo, ridiventato la bandiera del centrosinistra. La storia si ripete, le lezioni restano inascoltate.
L’argomento che ha tenuto banco – accanto a quelle del riciclaggio, di cui si parla in altra pagina – è la sentenza delle sezioni riunite della Corte Costituzionale che ha giudicato prescritto il reato contestato all’avvocato inglese David Mills, condannato in primo e secondo grado a 4 anni e 6 mesi dai giudici di Milano.
Siccome Mills sarebbe il corrotto e Berlusconi il corruttore, la settimana scorsa è iniziato anche il filone dello stesso processo a carico del premier, processo sospeso per un anno e mezzo in seguito al Lodo Alfano. Ora, siccome il processo a carico di Mills è stato giudicato prescritto, è evidente che lo sarà anche per il premier. Il suo avvocato, infatti, ha chiesto la sospensione di un processo che non arriverà mai in porto, ma il giudice del tribunale ha concesso solo l’interruzione di un mese per esaminare tre richieste della difesa, rifiutando la sospensione del dibattimento.
Noi non abbiamo nessuna intenzione di entrare nel merito del processo, ma per spiegare il nuovo scontro tra il premier e “una parte della magistratura” – Berlusconi ha usato l’immagine dei talebani per motivare l’accanimento giudiziario nei suoi confronti – bisogna ricordare che l’avvocato inglese Mills è stato condannato in due processi per un’accusa mai in realtà provata, ma solo in base ad una sua prima dichiarazione, successivamente corretta, con la quale, per non pagare le tasse in Inghilterra su 600 mila dollari in suo possesso personale, li giustificò come “donazione” di Bernasconi, manager Fininvest che aveva conosciuto in passato, il cui nome gli era venuto in mente e che nel frattempo era morto e quindi non in grado di confermare o di smentire.
Le donazioni, infatti, in Inghilterra non sono soggette a tassazione. Motivo della “donazione”, dunque, sarebbe stato quello di aver evitato alla Fininvest grane in due processi. Così motivata la “donazione” e pubblicizzata, l’informazione pervenne ai magistrati milanesi che ne chiesero copia. Di qui l’accusa a Berlusconi di aver pagato Mills perché quest’ultimo gli avrebbe evitato grane in processi a carico delle sue società. Questa versione fu mantenuta e precisata in un processo a Milano a suo carico (dell’avvocato Mills) perché aveva paura di finire in galera ed allora, sapendo che un’accusa contro il premier era una specie di lasciapassare, fece il suo nome, scusandosene in seguito con l’interessato per averlo tirato in ballo da innocente. I giudici di Milano, però, non hanno creduto alla smentita successiva e lo hanno condannato. Ma la condanna, come detto, è stata annullata in quanto reato prescritto.
E veniamo al premier. Egli accusa di accanimento giudiziario una parte della magistratura perché si ritiene del tutto estraneo alle accuse e invece viene accusato ingiustamente. Nel libro di Bruno Vespa dice che aveva le prove della sua estraneità a queste accuse ma che il giudice che ha condannato Mills non ha voluto ascoltare i testimoni a sua difesa. Inoltre, afferma che non può esserci stata corruzione in quanto Mills è stato teste contrario in una causa contro la Fininvest, in cui tra l’altro a causa di Mills l’azienda in primo grado fu condannata.
Berlusconi sostiene che, a processo iniziato, fece ricostruire la provenienza dei 600 mila dollari, scoprendo che proverrebbero non da lui ma da un armatore italiano in rapporti professionali e di affari con Mills e rivelando che, nei rapporti professionali tra la Fininvest e Mills, quest’ultimo si era trattenuto 10 miliardi di lire che la Fininvest richiedeva e che Mills non avrebbe mai restituito.
In definitiva, Berlusconi sarebbe vittima e non corruttore e che i suoi giudizi non sono contro la magistratura in generale, ma solo contro quei magistrati politicizzati. Ecco perché ha accolto con favore la sentenza della Corte Costituzionale, da lui giudicata come atto di giustizia e dalle opposizioni come prescrizione di un reato commesso.
Lo scontro ha costretto il presidente Napolitano a intervenire presso il Csm e indirettamente all’indirizzo del presidente del Consiglio per abbassare i toni e per ristabilire un clima di collaborazione istituzionale, incitando tutti, maggioranza e opposizione, a fare riforme condivise. Il momento elettorale non è favorevole, ma è chiaro che dopo le elezioni del 28-29 marzo sono già al lavoro i pompieri dell’uno e dell’altro schieramento per far sedere i contendenti attorno al tavolo delle riforme.
Nel caso in cui non si dovesse trovare l’accordo per riforme condivise, allora, visto che le riforme sono una necessità, alla maggioranza non resterà che farle da sola. O, almeno, sono queste le dichiarazioni di volontà del leader del Pdl e dei suoi consiglieri.