La Conferenza Stato-Regioni rimanda la decisione sulla deroga della norma che prevede il divieto
di rimozione dei lupi
L’appello al premier Gentiloni era partito da Bologna, ad opera di “Wwf Young” la nuova comunità di attivisti e ricercatori provenienti da tutta Italia. La loro richiesta era che si intervenisse per fermare il ‘piano lupo’ che prevede l’abbattimento controllato del 5% dei lupi in Italia, dopo 46 anni di protezione assoluta, in quanto “strumento irrinunciabile per restituire un equilibrio naturale al rapporto tra uomo e lupo, che oggi in molte realtà è esplosivo e mette a rischio la specie, l’uomo e le sue attività”, come sostiene il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
I giovani ambientalisti si sono dunque rivolti direttamente al premier: “Le chiediamo, signor presidente, di non riportarci indietro di quarant’anni, al tempo del ‘lupo cattivo’ delle favole. Studi internazionali dimostrano che l’uccisione di singoli esemplari destruttura i branchi d’origine, come accade nei numerosi casi di bracconaggio e può spingere gli altri lupi ad aumentare le predazioni sugli animali domestici.
L’unica strada è quella della prevenzione dei danni, praticabile grazie ai fondi già disponibili dei Piani Sviluppo Rurale, per aiutare concretamente gli allevatori e rendere i metodi di allevamento compatibili con la presenza spontanea del lupo.
Le esperienze di altri Paesi europei come Spagna e Francia hanno dimostrato come il prelievo dei lupi non abbia affatto diminuito i conflitti ma, al contrario, aumentato il bracconaggio. Perché in Italia vogliamo percorrere strade che già altrove si sono dimostrate fallimentari?” si legge nella richiesta dei giovani ambientalisti.
La Conferenza Stato Regioni ha deciso per il rinvio al 23 febbraio prossimo della decisione in merito. “Spero che serva a restituire la giusta serenità al dibattito. Non c’è nessuna riapertura della caccia al lupo ma ventidue misure di grande valore scientifico che salvano la specie”, ha commentato il Ministro dell’Ambiente. Se per Wwf Italia il rinvio è comunque “un segnale importante”, Legambiente non festeggia: “Il rinvio non aiuta né tutela questa specie e ancor meno risponde alle difficoltà degli allevatori”.
Dopo che il 24 gennaio l’abbattimento selettivo del lupo aveva ricevuto un primo ok dalla conferenza Stato-Regioni, si è scatenata una vera e propria tempesta di proteste: petizioni, raccolte firme, appelli. E così alcune amministrazioni regionali hanno fatto marcia indietro sulle uccisioni.
A Lazio e Puglia, contrarie da subito, si è aggiunto l’Abruzzo, mentre Friuli, Veneto, Piemonte, Liguria e Campania, in varia misura, hanno chiesto un ripensamento. “Chiederemo al Governo di eliminare il permesso di abbattimento dei lupi, non che i numeri fossero elevatissimi ma è il principio che non va: eventuali problemi di convivenza tra umani e animali non possono essere risolti solo con la tecnica dell’abbattimento. Inoltre il lupo è essenziale in molti luoghi a mantenere l’equilibrio dell’ecosistema nei confronti dei cinghiali.
Quindi eliminarli incide sull’equilibrio dell’habitat in modo sbagliato”, ha commentato il governatore della Puglia, Michele Emiliano, a margine della Conferenza delle Regioni.