Proprio in questi giorni è ripartito il dialogo tra l’Italia e la Svizzera, interrotto all’indomani dello scudo fiscale istituito da Tremonti per riportare in Italia i capitali italiani detenuti all’estero o tassarli e in conseguenza del blocco del ristorno ai Comuni italiani di parte delle tasse dei frontalieri da parte del Canton Ticino. Come forse si ricorderà, su quest’ultimo punto ci furono momenti di irrigidimento tra le parti, soprattutto perché il blocco fu deciso unilateralmente da Consiglio di Stato del Ticino e andava a colpire i Comuni italiani oltre frontiera per i quali quegli storni erano boccate d’ossigeno. Da parte italiana l’irritazione era grande soprattutto perché il blocco era contrario all’accordo del 1974 tra l’Italia e la Svizzera ancora in vigore. Da parte di quest’ultima fu posta l’esigenza di adattare alle nuove situazioni quegli accordi ormai obsoleti, ma è inutile girarci attorno: lo scudo di Tremonti aveva colpito le banche elvetiche e ciò fu materia di irrigidimento.
C’è stato un periodo in cui sembrava possibile riannodare i fili di un nuovo accordo, anche perché nel frattempo si stava lavorando sull’ipotesi di un accordo tra la Svizzera e l’Italia in materia fiscale e di lotta all’evasione sulla scia degli accordi bilaterali già intervenuti tra la Svizzera e la Germania e la Gran Bretagna. Questi accordi prevedevano e prevedono il pagamento di una quota del 12,5% sugli interessi da stornare al Paese di provenienza e il pagamento di una liberatoria per conservare l’anonimato. Le cose si complicarono per la crisi economica, ma anche perché quegli accordi tra la Svizzera e membri di un Paese Ue non vennero approvati dall’Europa stessa. Anche con il cambiamento di governo in Italia in un primo momento la situazione continuò ad essere uguale a prima, finché sono intervenuti due fatti che hanno riportato il dialogo tra i due Paesi. Il primo fatto è stato il via libera dell’Ue agli accordi bilaterali con la Germania e con la Gran Bretagna (via libera intervenuto su pressione della Germania e della Gran Bretagna), il secondo è stato lo sblocco da parte del Ticino del ristorno della quota delle tasse dei frontalieri ai Comuni confinanti interessati.
Le novità sono queste. Il Ticino ha parlato dei mezzi che giustificano il fine, cioè del blocco strumentale dei ristorni al fine di creare le condizioni per un nuovo accordo di tipo fiscale adattando quello vecchio alle nuove realtà. Nei prossimi giorni ci sarà a Roma l’incontro tra la presidente della Confederazione elvetica Eveline Widmer-Schlumpf e il premier italiano Mario Monti, incontro che di fatto darà l’avvio ufficiale alla rinegoziazione degli accordi fiscali. Gli argomenti non saranno solo il ristorno di una quota delle tasse dei frontalieri ai Comuni di frontiera (per i quali la percentuale non può essere meno dell’attuale 38,5% mentre per la Svizzera la percentuale non dovrebbe superare il 12,5%), ma anche il tema generale della doppia imposizione fiscale da redditi da lavoro, da pensione e da patrimoni dei cittadini italiani che risiedono e lavorano in Svizzera e dei cittadini elvetici che risiedono e lavorano in Italia.L’augurio è che i nuovi accordi siano equi: in un periodo in cui gli Stati sembra che giochino a fare i vampiri, le preoccupazioni non sono campate in aria.