Secondo le nuove ricerche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il caffè non è più ‘possibilmente cancerogeno’
Gli studi degli ultimi 25 anni sfatano il falso mito secondo il quale il caffè rappresentava una sostanza “possibilmente cancerogena per gli esseri umani”, e rivelano anzi che la bevanda protegge dal carcinoma a utero e fegato: a toglierle l’etichetta di bevanda a rischio circa 20 esperti internazionali che hanno elaborato un parere dello Iarc, l’agenzia intergovernativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la ricerca sul cancro.
Negli anni ’90 sulla base delle ricerche e delle conoscenze scientifiche dell’epoca, il caffè era stato valutato “possibilmente cancerogeno” e sospetto di essere concausa del tumore alla vescica, rientrando nella categoria 2B insieme ad altri prodotti.
Dopo le nuove ricerche lo IARC (International Agency for Research on Cancer), che ha sede a Lione, in Francia, e che ha il compito di dare linee guida sulla classificazione del rischio legato ai tumori di sostanze chimiche e agenti fisici, ha stabilito che il caffè va inserito nella categoria 3, per la quale non ci sono evidenze di rischio.
Owen Yang, ricercatore dell’Università di Oxford che da tempo studia il presunto rapporto tra cancro e caffè, ha dichiarato che in effetti non si era mai spiegato perché il caffè fosse in una categoria di rischio alta: “Le migliori prove ottenute finora suggeriscono che il caffè non aumenti il rischio di avere il cancro”, ha infatti commentato. Lo IARC mantiene e aggiorna quattro categorie in cui sono inserite le varie sostanze a seconda del loro livello di rischio.
L’esame effettuato dallo Iarc ha messo sotto la lente di ingrandimento 500 studi circa che hanno permesso di declassare il rischio per la bevanda fra le più amate nel mondo, in quanto mancherebbero le prove certe per mantenerla nell’attuale gruppo 2B.
Anzi, negli ultimi 25 anni, diversi studi hanno invece dimostrato, come testimoniato dalle pubblicazioni scientifiche, un effetto protettivo su due tumori, quello dell’utero e quello del fegato, riferendosi ad un consumo medio di 3-4 tazzine al giorno in persone che non soffrono di altre patologie.
Ad essere invece ritenute pericolose dallo Iarc sono le bevande troppo calde che possono causare microlesioni e di conseguenza il tumore dell’esofago. I ricercatori se ne sono accorti analizzando l’incidenza di alcuni tipi di tumori, come quello all’esofago, nei paesi dove c’è l’abitudine di bere sostanze molto calde, al di sopra dei 65 – 70° C. L’ingestione di bevande a 60° C non deve essere comunque sottovalutata, perché in alcuni soggetti può causare scottature, mentre dai 65 °C circa in poi è ritenuta pericolosa.
Lo stress indotto sui tessuti può aumentare – nelle persone predisposte e insieme ad altri fattori – il rischio di sviluppare un tumore. Per questo motivo le bevande consumate a temperature alte sono state inserite nella categoria 2A, quella degli agenti “probabilmente cancerogeni”, come la carne rossa. Sotto la lente è finito anche il tè, per le modalità in cui è servito in alcune parti dell’Asia centrale, di Cina e Giappone.