La Svizzera, la nostra sicurezza…
Giovanni ci racconti di lei…
Nato a Benevento, sono in Svizzera dal 1963: credevo di andare via il giorno dopo, invece io e Rita, mia moglie, siamo ancora qui. Abbiamo due figli e nipoti; mia figlia vive in Italia, mio figlio a Lucerna, è sposato con una svizzera, quindi i miei nipoti crescono bilingue.
Cosa lo ha portato in Svizzera?
Il lavoro; giù c’era, ma non pagavano bene e allora sono venuto qui. Ho trovato lavoro alla ditta Ferrari qui a Wädenswil, come muratore. Mia moglie l’ho conosciuta in Italia, poi sono venuto in Svizzera, dove in seguito lei mi ha raggiunto.
Ha trovato difficoltà qui in Svizzera?
Credo che delle difficoltà si trovino sempre quando si va via dal proprio paese, poi io avevo solo 17 anni quando sono partito. Ma tutto sommato non ho trovato difficoltà enormi.
E con gli svizzeri?
Sul lavoro non ho avuto difficoltà. Lavoravo con tante persone di diverse nazionalità, anche svizzeri. Non ho avuto particolari difficoltà neanche ad integrarmi, anche se non parlo molto bene il tedesco.
Discriminazione in Svizzera?
Alcune persone mi hanno raccontato alcuni casi di discriminazione, ma personalmente non ho mai vissuto niente del genere qui in Svizzera. Capitano casi in cui gli svizzeri magari si sentono superiori, ma tutto sommato non abbiamo
Per integrarsi ha cercato il contatto con gli svizzeri, magari andando alle feste del paese?
Non mi sono mai fatto tanti problemi, ero solo un ragazzino, e quando uno è giovane viene tutto naturale. La signora Rita ci offre del caffé italiano, ci sediamo nel salotto, un tipico salotto italiano. Sugli scaffali ci sono le foto di famiglia. Facciamo qualche domanda anche a lei.
Quali differenze nota maggiormente tra Svizzera e Italia?
Mi spiace dirlo perché io sono italiana, ma noto tante differenze. Sono qui da 40 anni e ho visto che la gentilezza, malgrado io non conosca molto la lingua, è tutta un’altra cosa, non riesco bene a fare il paragone. Mi sembra che qui sia più facile, mi sento più accudita e sicura, anche in ospedale per fare un esempio. Giù sono abituati diversamente, per loro è normale. Però mia figlia, che è in Italia da 20 anni, in caso di problemi di salute ha spesso detto di voler venire in Svizzera.
Cosa le piace più della Svizzera e cosa dell’Italia? Tanti, sopratutto i giovani, rispondono che le persone giù sono più aperte, che la vita è più leggera…
Sicuramente per i giovani oggi c’è molto divertimento in Italia. Ma noi che abbiamo una certa età e che abbiamo lavorato tutta la vita qui in Svizzera, cerchiamo tranquillità. Quando andiamo in Italia, non ci troviamo più come i giovani che magari la sera escono alle 23.00 per mangiare una pizza, io a quell’ora volgio solo andare a letto! Dopo 40 anni qui in Svizzera andiamo giù e non ci troviamo più a nostro agio, stiamo qui e non è che stiamo male, ma siamo soli.
Dove si sente a casa?
A casa io mi sento qui in Svizzera. Però per tanti motivi pensiamo anche noi di tornare giù in Italia. Abbiamo un figlio a Lucerna e una figlia che vive in Italia, qui siamo soli. Andando giù siamo vicini a nostra figlia. Ma non abbiamo ancora deciso. In Italia con il caldo e i miei problemi di salute, non sto bene, non sono più abituata. D’altro canto qui siamo soli, abbiamo fatto sacrifici per una casetta e adesso i soldi della pensione non bastano, le spese sono troppo alte. Quando si lavorava era diverso. Però in Italia se vuoi andare dal medico, devi scegliere un privato: mia figlia ha avuto problemi ad un braccio e ha dovuto aspettare 3 mesi per un appuntamento; ma se una sta male, come fa ad aspettare 3 mesi? Qui mi sento più libera. In Italia invece mi sento un pò come una handicappata. In Italia faccio anche fatica ad andare in un negozio. Qui siamo abituati che vai e guardi. Giù ti presentano ad esempio due abiti che secondo loro vanno bene e basta, ma io voglio guardare. Mi hanno anche detto che si vedeva che non ero di giù. Vedi, qui siamo abituati anche più alla gentilezza, in Italia sembra che alle commesse dai fastidio appena entri nei negozi. Valutando un po’ il tutto, resterei volentieri qui; se alla fine decideremo di tornare giù sarà solo perché li c’è nostra figlia. In fondo penso che se torniamo in Italia mi abituerò di nuovo al modo di vivere italiano. Ma certamente non dimenticherò mai la Svizzera.
In generale, com’è stata la sua esperienza qui in Svizzera?
Qui in Svizzera non mi sono mai trovata male, come detto ci starei ancora volentieri.
Ha avuto difficoltà all’inizio?
All’inizio sì, perché venivo da una famiglia di contadini, giù in Italia; ho dovuto lasciare i genitori e quando sono arrivata qui mi sembrava di essere in un altro mondo, però dopo un mese mi ero già ambientata. Quando ho avuto i bambini è stato difficile perché qui non avevo nessun aiuto. Quando ho avuto il primo bambino dopo 20 giorni sono dovuta tornare a lavorare, perché le assicurazioni non pagavano. E nella mia ditta avevano bisogno di operai. Poi però, siccome io ero stagionale, il direttore dell’ospedale di Wädenswil, si è interessato per farmi portare il bambino di nuovo qui in Svizzera. Essendo stagionali a dicembre dovevamo andare via, e i bambini potevano stare solo 3 o 6 mesi al massimo. In effetti il mio caso è stato un po’un’eccezione. Mi hanno perfino dato il permesso per 1 anno. Mi sono ambientata, certo i miei mi mancavano tanto, ma ero giovane, avevo i bambini, quindi a tante cose non pensavo nemmeno, ma è stata molto dura. A volte, quando vedo coetanei nostri giù al paese, penso che loro stanno meglio, e mi chiedo: “Ma noi tutta la vita cosa abbiamo fatto?”. Loro hanno la casetta, magari si possono permettere di andare in giro, di uscire. Noi abbiamo fatto sacrifici per poter pagare l’affitto qui e risparmiare per una casetta in Italia e per dare da mangiare a chi stava giù, ai nostri figli non abbiamo mai fatto mancare niente, a loro questa cosa non doveva pesare. Quando poi andavamo in Italia, ti sentivi anche dire, “Adesso vengono gli svizzeri!”…
Lo rifarebbe?
Nelle stesse condizioni sì. Ma è difficile dire.
Discriminazione?
No, però non ci siamo neanche mai ribellati come si ribellavano altri. Mi hanno sempre accettata dapertutto. Io per il mio datore di lavoro ero come una figlia, lui andava persino a vedere come andavano i miei bambini a scuola senza che glielo chiedessi. Poi veniva da me e mi diceva che a scuola procede va tutto bene. Io mi meravigliavo, perché non mai neanche accennato a niente del genere, ma lui si è interessato. Mi dispiace che non ho impara to molto bene la lingua, erano altri tempi, non avevo il tempo di frequentare una scuola. Noi lavoravamo basta!
MANUELA SALAMONE