Carlo Maria Martini: l’uomo di fede, la voce della ragione e del dubbio
Maledetto generale agosto! Finalmente se ne è andato portando seco tutti i miei guai: l’ozio obbligato in quella Valtellina, apparentemente serena e gioiosa come sempre,in realtà pensosa e preoccupata tra ceti sociali che hanno smarrito le antiche certezze. Il turismo, nonché il volano del lavoro frontaliere verso la fiorente Confederazione, sono messi in forte pericolo dalle tensioni interstatali sui ristorni e gli scudi fiscali, attualmente affievoliti con il ritorno della pur parziale via del dialogo, e non sono che alcuni aspetti di una crisi che scende dalla valle verso le grandi pianure produttive del nord. L’impressione, grande e reale, è quella di un paese che ha smarrito il valore della sfida, il senso di appartenenza che caratterizza la consapevolezza dello stare insieme, la moralità come cemento di una libera comunità nazionale, la volontà di alzare lo sguardo oltre le alpi per guardare all’Europa, alle nuove sfide che attendono l’Unione nel contesto globale.
Ogni certezza su cui , pur in periodi di gravi sconvolgimenti, fondammo le nostre speranze, mi sembra affievolita e immiserita. L’attacco di queste ultime settimane alla più alta magistratura della repubblica, il presidente Giorgio Napolitano, non è che l’ultimo atto di menti tragiche e raffinate che mirano allo sfascio nel momento cruciale del possibile cambiamento, del riscatto politico e morale della nazione. Nel frattempo, lo spread scende e sale. Macchinetta infernale delle montagne russe. Giocattolo ferroso con cui sali verso l’alto gioendo per l’imminente discesa a picco verso l’erta che ritorna.
Su e giù senza alcuna certezza che il manovratore, laggiù, possa e voglia, in un minuto ,un giorno, un’ora o un anno, arrestare la corsa, ridare sicurezza ad ognuno, riaccendere la sfida del cambiamento e del rinnovamento del paese. Chiudono le fabbriche del nord produttivo, la FIAT, un tempo simbolo delle forze creative della nazione, naviga in una moribonda attesa della fine, sostituita dall’ esotico sferragliamento dei produttori del sole nascente a evidenziare estraneità e sconfitta. Navigano tra alti marosi le attività produttive attraverso cui il sud cercava la via del riscatto e del progresso. Pensiamo all’Ilva di Taranto su cui, una politica irresponsabile e corrotta, ha giocato la salute e la vita dei lavoratori e di ogni cittadino con la promessa dell’impiego e del lavoro. Il lavoro: miraggio per milioni di giovani a cui nessuno osa indicare una sia pur minima certezza per l’avvenire. Pensiamo all’Alcoa, ai minatori del Sulcis. Alla loro protesta, drammatica e civile. Loro sono laggiù, quattrocento metri sotto quella terra ingrata violentata dall’alba al tramonto per un misero tozzo di pane. Sono laggiù ed io vorrei essere con loro. Aiutarli ad accendere il lume della speranza. Ad incoraggiarli e dir loro che non sono soli. Che lassù qualcuno li ama. Non fu così per i loro fratelli, cinquantasei anni fa , al Bois du Cazier, in quella Marcinelle assunta a simbolo del sacrificio e del lavoro italiano nel mondo. Vattene, Agosto! Vattene con tutti i miei( piccoli ) e tuoi grandi guai. Sto scrivendo, già il mio dire non è coperto dal suono di festose campane.
Odo un annuncio: il cardinal Martini non è più tra noi. L’uomo che seppe parlare alla ragione, ai credenti e non, ai fedeli della sua grande diocesi come ai carcerati, o ai derelitti della società, se ne è andato. Mancherà una voce: la voce! Quella dell’uomo di fede che si interrogava ogni ora per dare risposte al dubbio. Per avvicinare il mondo al mistero della vita dell’uomo sulla terra e nell’infinito del nulla. Con tali alti esempi di vita è forse ancora possibile rinnovare la speranza. Assieme, uniti e solidali, la sfida per il rinnovamento civile e morale della nazione, può ancora essere vinta.