È proprio vero: il diavolo fa le pentole ma a volte sbaglia i coperchi. Quello di Elisa Claps, la sedicenne scomparsa nel nulla il 12 settembre 1993, sembra essere uno di questi casi. La ragazza fu vista per l’ultima volta verso mezzogiorno, nella chiesa della Santissima Trinità, a Potenza. Poi più nulla. Di lei si persero le tracce. A nulla valsero gli appelli, le indagini, i processi.
Era uscita quella mattina sul tardi, verso le undici. Per pochi minuti s’incontrò con la sua amica Eliana, alla quale disse di avere un appuntamento con un ragazzo di 22 anni, Danilo Restivo, che le aveva dato un appuntamento nella chiesa. Fin qui gli spostamenti sono stati ricostruiti. Danilo Restivo racconta i minuti successivi: “C’erano pochissime persone e siamo stati insieme una decina di minuti. Poi Elisa mi disse che doveva vedere un’amica e se ne andò”.
Che Elisa sia stata in chiesa all’appuntamento, questo è certo; che sia uscita da quella chiesa, questo è dubbio, e lo si è saputo solo diciassette anni dopo, quando il suo corpo è stato ritrovato murato in un angolo del sottotetto della stessa chiesa, al quale si accede attraverso un cunicolo. Dunque, la cercavano in campagna, pare l’abbiano vista in Albania, la sua foto è stata diffusa dappertutto, ma la ragazza dalla chiesa non era mai uscita, anzi, quella parte della chiesa è rimasta per tanti anni la sua tomba. E lo sarebbe rimasta per chissà quanti anni ancora, se degli operai andati fin lassù per riparare delle infiltrazioni d’acqua non avessero fatto la macabra scoperta di quel corpo ormai mummificato. Accanto a lei c’erano i resti degli oggetti che aveva: l’abito, un orologio, gli occhiali scuri, una catenina d’oro, i sandali, tutti oggetti al vaglio della polizia scientifica e comunque riconosciuti dalla famiglia come appartenenti a lei.
A suo tempo, fu messo sotto la lente d’ingrandimento il racconto di Danilo Restivo, il quale disse che dopo il breve incontro con la ragazza girovagò per la città spingendosi in un cantiere della scale mobili in costruzione. Mentre scendeva lungo una scalinata in cemento, cadde e si fece una leggerissima ferita alla mano sinistra. Alle 13 e 45 fu medicato al pronto soccorso dell’ospedale di Potenza. A chi, durante il processo, gli chiese come mai era andato al pronto soccorso per una ferita di poco conto, rispose che lui aveva paura del sangue. Fatto sta che quando si aprì il processo, nel settembre del 1994, Danilo Restivo fu raggiunto da un provvedimento di detenzione preventiva, ma nel 1998 fu condannato solo per false dichiarazioni rilasciate al pubblico ministero.
L’11 maggio del 1999 il fratello di Elisa, nel corso della trasmissione “Chi l’ha visto?”, rivelò che al sito internet dedicato a Elisa era pervenuto un messaggio di posta elettronica in cui si affermava che Elisa era viva, stava bene, si trovava in Brasile e non voleva tornare perché non voleva vedere i suoi.
Indagini informatiche hanno poi accertato che il messaggio non proveniva dal Brasile ma da Potenza, dal “Tatì club”, un bar dove ci sono due postazioni internet che si possono affittare, e che il mittente era Danilo Restivo. Quest’ultimo, tramite il suo avvocato, smentì successivamente che ad inviare il messaggio fosse stato lui. In ogni caso, il processo non ha portato a nessuna sentenza, perché sul caso Elisa è calato il mistero.
Fino a qualche giorno fa, appunto, quando la pentola del delitto – perché di delitto si tratta in quanto la ragazza non si è potuta murare in quell’intercapedine da sola – forse si trova ad un passo dalla soluzione.
Appena avuta notizia della scoperta del cadavere di Elisa, i magistrati inglesi si sono messi in contatto con quelli italiani. Si dirà: cosa c’entrano i magistrati inglesi con il delitto di Elisa Claps? Pare che ci sia un qualche nesso. Vista l’aria che tirava a Potenza, Danilo Restivo se ne andò in Inghilterra, lontano dai sospetti della gente. Visse per un certo tempo a Bournemouth, a duecento km a sud di Londra, ma il 12 novembre del 2002, proprio in quella cittadina, fu seviziata e uccisa una donna, Heather Barnet, 48 anni. Per quel delitto, rimasto poi impunito, fu imprigionato il vicino di casa della donna, che era proprio Danilo Restivo.
L’uomo fu arrestato due volte e due volte rilasciato per mancanza di prove, ma gli inglesi non hanno mai dimenticato che Danilo Restivo era stato l’ultimo a vedere Elisa. Ecco perché alla notizia del ritrovamento del cadavere della ragazza si sono precipitati in Italia.
Cosa succederà adesso, è difficile immaginarlo, ma una cosa è certa: nelle prossime ore, se già nel frattempo non è stato fatto, gli inquirenti andranno a fare analisi sul luogo del ritrovamento del cadavere.
Sono passati diciassette anni, probabilmente le tracce saranno scomparse, ma c’è un’affermazione da cui partire. Danilo disse che Elisa andò via dopo una decina di minuti, e invece per diciassette anni quella povera ragazza è sempre rimasta in quella chiesa; qualcuno dovrà pur spiegare il perché e forse il perché si trova proprio in quella ferita leggera che Restivo si fece medicare al pronto soccorso.