Cresce nei sondaggi il presidente Obama dopo le due gaffe commesse dal suo avversario e si accaparra già il 50% dei consensi
Meno di due anni fa, fu tagliente il giudizio espresso da una nota giornalista del New York Times, che definì Obama “il presidente di un solo mandato”. Alla luce di quanto è accaduto nelle ultime due settimane, sembra proprio che mai opinione si stia rivelando più sbagliata. Ormai il presidente in carica è dato al 50% a meno di 40 giorni dalla data delle elezioni. Era partito con 2-3 punti di vantaggio o di svantaggio, a seconda della partigianeria dei sondaggi, ha rimontato prima di due punti lo svantaggio, poi ha raggiunto la parità e infine l’ha sorpassato. Che cosa ha fatto di tanto straordinario Obama per collocarsi in testa alle preferenze e addirittura conquistare almeno otto degli Stati in bilico? Nulla, Obama non ha fatto nulla, proprio nulla, ha fatto tutto Romney da solo e se lo ha fatto con questi risultati, vuol dire che non ha imboccato una sola mossa che fosse una. Insomma, ogni volta che ha aperto bocca, parte dei suoi elettori se ne sono andati. In definitiva, è stato il miglior alleato di Obama e il peggiore sponsor di se stesso.
La prima stoccata sbagliata Romney l’ha data quando si è fatto sorprendere in un fuori onda mentre diceva che quasi la metà degli americani, il 47% di coloro che votano per Obama sono dei parassiti che vivono di sussidi. Non sappiamo se si sia trattato di una trappola, se lo è stata, c’è cascato in pieno, se non lo è stata, vuol dire che ha fatto tutto da solo. Magari a sua discolpa si potrebbe dire che è stato un ingenuo, ma la sostanza cambia poco. I democratici ci hanno montato su una bella campagna pubblicitaria additando il candidato repubblicano come uno che ha una pessima opinione dei cittadini, dunque, è il messaggio sottinteso: perché votare come presidente che ha una simile opinione di quelli più poveri, di quelli più svantaggiati? Fatta la frittata, a nulla, evidentemente, sono servite le correzioni di rotta. Romney, infatti, è corso ai ripari, spiegando che lui alludeva ad un’idea diversa, cioè che chi lavora deve garantire un lavoro serio e ben fatto e che il datore di lavoro ha il diritto, se il lavoro non è ben fatto, di cambiare lavoratore, esattamente come un lavoratore che fa bene il suo mestiere, deve essere pagato come si deve. Tutto giusto, ma si tratta di una giustificazione pasticciata, che non ha convinto nessuno. La propaganda dei democratici è stata implacabile: come si fa a votare un presidente che ha una simile opinione dei cittadini americani più deboli? E di deboli, in un periodo di crisi come questa, ce ne sono tanti, magari delusi da Obama, magari favorevoli a Romney, ma ora no, almeno una parte di essi ha deciso di voltargli le spalle e quindi la sua corsa è diventata tutta in salita.
Come si sa, le disgrazie non vengono mai sole, in questo caso le gaffe procedono a due a due. Ricevuta la batosta del fuori onda, Romney si è deciso a rendere pubblica la sua dichiarazione delle tasse del 2011, insieme al sommario delle dichiarazioni degli ultimi 20 anni. A lungo si era rifiutato in nome della privacy, poi, come detto, per non dare altro vantaggio all’avversario, lo ha fatto, aggravando ancora di più la sua situazione. E’ venuto fuori che nel 2011 ha pagato un milione novecentotrentacinque mila dollari di tasse, pari al 14,1% di redditi complessivi (13,6 milioni di dollari). Il sommario degli ultimi vent’anni rivela che la media annuale delle imposte si aggira sul 20,20%. Insomma, Romney ha guadagnato 13 e passa milioni di dollari e ha pagato solo il 14,1%, poco rispetto al 20% circa di Obama che, come presidente guadagna di meno di lui che è proprietario di industrie.
Due colpi messi a segno, ma a suo sfavore. Non stupisce dunque il vantaggio conquistato dall’inquilino della Casa Bianca che “vede” il secondo mandato, a dispetto dei dati economici che avrebbero dovuto penalizzarlo e avvantaggiare lo sfidante.
Ed ora? Mancano 40 giorni all’elezione del sei novembre, ma cinque punti secchi è difficile recuperarli, tanto più che i democratici hanno il vento in poppa. Rispetto a 4 anni fa, Bill Clinton è diventato amico di Obama e fa campagna elettorale per lui. L’ultima trovata è un fondo di solidarietà aperto dalla Fondazione Bill Clinton, che invita uomini facoltosi a donare 30 mila dollari, di cui 20 mila vanno in beneficenza e 10 mila vanno a formare un fondo che i concorrenti si giocheranno a poker. Il vincitore prenderà le quote degli avversari e le devolverà allo scopo filantropico che deciderà in tutta autonomia. La fama dei Clinton è assicurata, per l’immediato e per il futuro prossimo. Il 2016, infatti, sarà l’anno della candidatura di Hillary, sia che a novembre vinca Obama (e non potrà ricandidarsi per la terza volta), sia che non vinca: in tal caso sarà lei il naturale successore di Obama.