Secondo il Rapporto dell’Aiea l’Iran starebbe sperimentando le armi nucleari in appositi siti
Come preannunciato, è stato pubblicato il Rapporto dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) e il suo direttore, il giapponese Yukiya Amano, succeduto a El Baradei (in carica dal 1997 al 2009), ha illustrato la situazione in Iran. Questa situazione può essere sintetizzata in pochi punti. Il primo è che l’arsenale atomico iraniano starebbe per essere sperimentato in strutture apposite. Il secondo è che tra la sperimentazione e la dotazione su scala più vasta correrebbe poco tempo. In realtà, la pubblicazione del Rapporto è stato preceduto da anticipazioni, rese possibili dal cambio della guardia alla direzione dell’Aiea. Come detto, El Baradei, egiziano, è a capo dell’organizzazione dal 2007. Tutti sapevano, dai servizi segreti di vari Paesi ai capi di Stato, che l’Iran andava in quella direzione, solo che El Baradei ha sempre minimizzato la realtà, i cui contorni precisi, tra l’altro, gli venivano forniti da scienziati, tecnici e servizi informativi. Il merito di Yukiya Amano è solo quello di aver detto le cose come stanno. D’altra parte, El Baradei, dopo il cambio della guardia in Egitto, è candidato a premier del suo Paese e per raggiungere questo obiettivo ha stabilito accordi con i Fratelli Musulmani, il partito islamista. Anche se le sue quotazioni sembrano essere in ribasso, ha comunque svolto un ruolo internazionale di primo piano nella trattativa Onu-Iran sul nucleare, ruolo che ora è contestato con rapporti e notizie che non lasciano dubbi. La settimana scorsa abbiamo accennato all’opzione militare da parte di Israele e Usa, col sostegno dell’Inghilterra, per prevenire un attacco nucleare dell’Iran. L’esistenza dell’opzione è stata autorevolmente e ufficialmente confermata dal presidente d’Israele, Shimon Peres, al punto che la data fissata sarebbe da individuare intorno al prossimo Natale. Ora quest’opzione sembra essersi raffreddata, seppure non abbandonata. Essa incontra l’opposizione della Russia e della Cina: la prima perché teme un rafforzamento nell’area degli Usa, la seconda la perdita di rapporti commerciali e industriali, armi comprese, con l’Iran. La Cina, insomma, bada soprattutto agli affari e non può approvare l’opzione. Non per nulla Russia e Cina, in alternativa all’attacco militare, hanno proposto l’inasprimento delle sanzioni, dicendo che il presidente Ahmadinedjad, allorché ci furono le ultime sanzioni, dichiarò che gli effetti si erano visti. Dunque, Russia e Cina insistono su questa via, ma Usa, Israele e altri Paesi, Inghilterra e Francia comprese, avvertono il pericolo di un’attesa che potrebbe essere fatale per Israele. Dopo il Rapporto Aiea, il presidente iraniano ha detto che “è stato letto da Amano, ma scritto dagli Usa” ed ha aggiunto: “Non arretreremo di un millimetro”. Il capo di Stato maggiore Masud Jasayeri ha rilanciato la sfida sostenendo che se Israele attaccherà l’Iran, sarà distrutto e che a questa eventualità “ci stiamo preparando da anni”. Il problema si sta complicando, ma nello stesso tempo è entrato in una fase di stallo. Non c’è dubbio che l’Iran cerca di guadagnare tempo in tutti i modi, anche rilanciando il dialogo senza concedere molto in fatto di controlli effettivi dei siti; sicuramente l’opzione militare non sarà approvata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove Russia e Cina metteranno il veto; è evidente che un attacco al di fuori dell’Onu darebbe all’iniziativa il carattere di un’aggressione. L’attacco, d’altra parte, non si limiterebbe ad un’azione unica, sono da mettere in conto le reazioni dell’Iran, che certamente ci sarebbero, ma queste a loro volta provocherebbero attacchi a ripetizione da parte di Israele, Inghilterra e Usa e ne seguirebbe immediatamente una situazione estremamente pericolosa. D’altra parte, l’inazione porterebbe prima o poi alle stesse conseguenze, in più aggravate dall’uso delle armi nucleari. È un bel pasticcio, qualunque scelta comporta gravi conseguenze, comprese quelle che deriverebbero dalla chiusura del rubinetto petrolifero sui costi del carburante, ciò che non sarebbe l’ultimo dei problemi, data la gravità della crisi economica. Ecco allora che si fa strada la scelta della prudenza, almeno per qualche mese ancora, cioè fino a quando non si arriverà al limite massimo che è quello della vigilia della dotazione effettiva delle armi nucleari, quindi ancora da sei mesi ad un anno. La scelta della prudenza starebbe bene a Obama per poter fare in pace la campagna elettorale; e nello stesso tempo potrebbero maturare occasioni per una “primavera araba” in Iran, cosa difficile ma non impossibile se dovesse peggiorare la situazione in Siria. La fase, insomma, è di preallarme, si gioca a carte scoperte, dall’una e dall’altra parte. Si tratta di sapere chi saprà approfittare dei margini stretti che offre lo scacchiere internazionale. [email protected]