Un sondaggio di renato Mannheimer certifica l’inversione di tendenza
Dopo la polemica montata su frasi estrapolate del presidente del Consiglio, Mario Monti, e il rasserenamento del clima tra i partiti e il governo, c’è stato, anche per la risalita dello spread e quindi dell’allarme economico, il silenzio dei “politici”. In fondo, in Italia si sta bene senza le esternazioni, le polemiche, le battute, le ripicche. Saranno anche la gioia dei giornalisti, ma il cittadino comune vive meglio senza. Se tacciono i politici, però, parla il popolo, che dice più o meno il contrario di quel che dicono i politici. Renato Mannheimer, nella sua rubrica L’Osservatorio sul Corriere della Sera, all’indomani della presentazione della riforma del mercato del lavoro e delle polemiche che ne erano seguite, soprattutto da parte della Cgil e del Pd, aveva rilevato un calo sensibile dei consensi popolari al governo. Si sa, non si governa con i sondaggi, ma non se ne può fare nemmeno del tutto a meno in quanto indicano l’indice di gradimento dei cittadini. Non che si debba governare in base al gradimento, tutt’altro, ma l’indice può essere un elemento di riflessione. Dunque, i sondaggi dicevano che il consenso dei cittadini era sceso al 44%, ben al di sotto del record fatto registrare all’indomani della nomina di Monti, quando la percentuale superava il 62 per cento. Con il passare dei giorni, e soprattutto, con i provvedimenti approvati non certo popolari, come l’innalzamento dell’età pensionabile, l’aumento ulteriore dell’Iva, eccetera, il consenso era progressivamente sceso, anche se quello del presidente del Consiglio rimaneva sempre (e rimane tuttora) il più alto. Da ultimo, appunto, c’è stata la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e il messaggio – tanto sintetizzato da essere non vero – secondo cui ci sarebbero più licenziamenti, il consenso, dicevamo, era precipitato al 44%, cioè al di sotto della maggioranza degli italiani. E’ bastato, però, che cessassero le polemiche pretestuose che il gradimento è tornato a salire in pochi giorni addirittura di dieci punti. Alla fine della settimana scorsa era al 54%. Come mai? Gli italiani sono più attenti alle cose concrete che alle chiacchiere dei politici. Se c’era stato calo, vuol dire che parecchi avevano creduto a chi faceva balenare l’idea che meno art. 18 significava più licenziamenti. A torto o a ragione, si trattava di un tema serio. Quando poi è stato spiegato che l’articolo 18 così com’è più che creare occupazione crea immobilismo e, alla lunga, sfiducia, perché uccide il dinamismo dell’economia e dell’imprenditorialità, la gente ha capito. L’idea che lo spread era tornato sotto controllo, che quindi il peggio era alle spalle, poi smentito alcuni giorni dopo, vuol dire che la gente segue l’andamento dell’economia e se si accorge che le cose potrebbero ritornare indietro, ecco che scatta la riflessione, non gridata, non pubblicizzata, ma reale, e quindi si continua a vedere in Monti e nell’attuale governo l’unica possibilità di farcela. Ultimamente le tasche degli italiani si stanno svuotando con gli aumenti dell’elettricità, del gas delle addizionali comunali e regionali. Tutto ciò non fa piacere. Ma è bastato che il presidente del Consiglio abbia detto chiaramente che è meglio un aumento “rozzo” delle tariffe oppure un aggravio delle tasse che il precipizio in cui si è trovata la Grecia, ed ecco che la gente i conti se li sa fare.
I partiti avevano accusato Monti perché il presidente del Consiglio aveva parlato del governo che aveva il consenso e dei partiti che non ce l’avevano. Ebbene, i sondaggi dicono che è proprio così, e sono una risposta non scritta ma certificata. Controprova? Il gradimento dei partiti – di tutti i partiti – è sceso ai minimi termini, addirittura all’8%, una cosa mai vista. Dopo di che, il sondaggio di Mannheimer certifica che “sul piano dell’orientamento politico, la crescita dei giudizi positivi si rileva sia nell’elettorato di centrodestra, sia (in misura maggiore) per quello delle forze di centrosinistra”. Chi, al posto di andare avanti, seppure a piccolissimi passi, va invece indietro è l’Udc che, fin dal-l’inizio (e addirittura prima), ha sponsorizzato il nuovo governo. Ebbene, gli elettori dell’Udc, dice Mannheimer, “manifestano un lieve ulteriore calo”, malgrado la presenza logorroica di Casini in tv. Può benissimo darsi che sia a causa di questo ulteriore assottigliamento dei consensi all’Udc che Casini ha pubblicizzato la sua rinuncia ai benefit da ex presidente della Camera, una rinuncia per la verità non troppo onerosa, visto che di privilegi ne ha già tanti e continua ad averne. Anche per Casini vale quanto detto prima: la gente sembra non dare peso a ciò che si dice e si fa credere, ma a ciò che si fa per davvero, senza infingimenti e senza ipocrisie, perché la gente bada al sodo.