Sabato 3 dicembre a Berna si è svolta un’assemblea organizzata da Fopras e ECAPper discutere la situazione venutasi a creare nei corsi di Lingua e Cultura Italiana dopo i tagli ai finanziamenti annunciati dal governo italiano. Alla Casa d’Italia di Berna si sono ritrovate 65 persone per capire come affrontare l’emergenza. Abbiamo posto qualche domanda a Guglielmo Bozzolini (nella foto), Direttore della Fondazione ECAP.
Che giudizio dai dell’assemblea di sabato?
Dal punto di vista della partecipazione è stato indubbiamente un successo con 65 persone presenti, parlamentari, membri del CGIE, presidenti di Comites e degli enti gestori e rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ma soprattutto tanti insegnanti e genitori. E’ stato poi anche molto positivo il consenso che si è formato attorno alla necessità di affrontare rapidamente l’emergenza, superando le polemiche inutili e fuorvianti esplose nelle scorse settimane. In particolare si è creata una convergenza attorno a quattro considerazioni: l’attuale modello “misto” di gestione dei corsi (con docenti ministeriali che vengono dall’Italia e docenti in loco assunti agli enti), non è rapidamente superabile, il sistema misto ha retto bene o male per diciotto anni ma deve essere riformato, è quindi necessario lavorare su due tempi, affrontare subito l’emergenza e contemporaneamente, ma con tempi necessariamente più lunghi, affrontare il riordino del sistema, “la riforma”, coinvolgendo tutti gli attori e confrontando le diverse proposte la crisi degli enti e la chiusura dei corsi a loro gestiti comporterebbe la fine di tutto il sistema, nessuno si può quindi sentire escluso.
Perché giudicate la situazione così grave?
Nel corso di quattro anni, dal 2008 al 2012, i fondi per gli enti gestori dei corsi di Lingua e Cultura italiana in tutto il mondo, avranno subito il taglio dell’80%, passando da 34 milioni di Euro a 6’376’000 Euro (se non ci saranno ulteriori tagli). In Svizzera nel 2008 era affidata agli enti la gestione di circa 700 corsi, 50% dei 1’400 corsi e dei 15’000 allievi totali, nel 2011 sono poco più di 400. Nel 2012 rischiano di chiudere tutti al più tardi in estate. Questo determinerebbe l’interruzione dei rapporti con le famiglie e con le scuole locali e in più verrebbe meno anche il lavoro degli enti e dei loro docenti per il reclutamento degli/delle allievi/e. Anche i corsi tenuti dai docenti ministeriali verrebbero quindi coinvolti nella crisi. Nel giro di due anni il servizio dei corsi sarebbe ridotto ad una dimensione insignificante. Due terzi dei cittadini italiani in Svizzera sono nati qui. I bambini che frequentano i corsi sono per lo più figli di persone nate e formatesi in Svizzera. Senza i corsi di Lingua e Cultura verrebbe meno l’idea stessa di comunità italiana come noi la conosciamo, verrebbe infatti meno l’unico strumento efficace di trasmissione e diffusione della lingua e del grande patrimonio culturale italiano.
Come proponi di affrontare la situazione?
Innanzitutto ho fatto e faccio una proposta di metodo, cioè affrontare subito l’emergenza il più unitariamente possibile. Per questo alla fine dell’Assemblea di sabato insieme con la Fopras abbiamo deciso di promuovere la creazione di un comitato per la difesa dei corsi, a cui partecipino tutte le forze interessate, che si occupi sia di coordinare le proteste, sia di avanzare le necessarie proposte di intervento. La discussione su come affrontare l’emergenza va quindi separata da quella sulla riforma perché lo scontro tra docenti MAE e enti, o docenti degli enti, esploso nelle settimane scorse non fa bene alla soluzione dei problemi. Bisogna inoltre tenere presente che qualsiasi intervento di riordino del sistema richiede tempi lunghi e incide solo in tempi ancora più lunghi, rischia cioè di arrivare quando il paziente è morto.
E nel merito?
Penso che si debba trovare il modo, anche attraverso l’innalzamento del livello della protesta, di chiedere un confronto al nuovo governo, pretendendo che rimettano in discussione la distribuzione dei tagli tra i vari capitoli di spesa del ministero. Con tutta la comprensione per la situazione finanziaria dello stato italiano, i tagli devono essere equi, non possono solo colpire la dove è più facile. Nello stesso tempo devono essere assunti provvedimenti semplici ma efficaci, anche rompendo dei tabù. Non è possibile, ma è solo un esempio, che i contributi delle famiglie possano essere ancora “volontari”. Introducendo l’obbligatorietà del contributo si recupererebbero buona parte delle risorse necessarie in Svizzera per garantire la continuità del servizio.
Ma gli enti gestori sono senza responsabilità?
Come ho già detto più volte non si possono fare interventi di riorganizzazione ad anno scolastico in corso. Nel medio periodo bisognerà però tenere conto della mutata situazione e della necessità di rafforzare la struttura degli enti garantendo professionalità e solidità amministrativa e finanziaria. Probabilmente è necessario supe-rare il puro volontariato e ridurre il numero degli enti stessi. Neanche da questo punto di vista si possono avere tabù.