Garantire sempre e comunque agli stranieri i trattamenti e le cure del Servizio sanitario nazionale: lo pensa più dell’80% degli italiani, ritenendo che anche gli immigrati clandestini o irregolari debbano avere accesso ai servizi sanitari pubblici.
È quanto emerge da un’indagine realizzata dal Censis. A volere la sanità pubblica anche per i clandestini è l’86,1% dei residenti al Sud, il 78,7% al Centro, il 78,4% al Nord-Est e il 75,7% al Nord-Ovest. Dello stesso parere oltre l’85% degli italiani laureati, l’83,1% dei 30-44enni e più dell’85% dei residenti nelle città con 30 mila-100 mila abitanti.
È alta la quota dei favorevoli anche tra gli italiani più cagionevoli di salute e quindi più bisognosi di cure: l’83,9% di chi dichiara di avere una salute pessima auspica un’offerta sanitaria pubblica estesa anche a clandestini e irregolari.
Perché garantire la sanità anche agli immigrati irregolari? Il 65,2% degli intervistati – fa sapere il Censis – ritiene che la tutela della salute sia un diritto inviolabile, quindi curare tutti è un atto di solidarietà irrinunciabile. Una scelta valoriale, dunque, che prevale in modo trasversale nel territorio nazionale e nel corpo sociale.
È l’opinione soprattutto dei residenti nelle regioni del Mezzogiorno; risalendo la penisola diminuisce la quota di intervistati che parlano della salute come diritto irrinunciabile per tutti, mentre aumentano quelli convinti che occorre assicurare la sanità anche ai clandestini e agli irregolari perché altrimenti ci sarebbe il serio rischio di epidemie incontrollate.
Quindi meno del 20% degli italiani è contrario a garantire l’accesso al Servizio sanitario nazionale a clandestini e irregolari.
Si tratta di poco più del 24% dei residenti al Nord-Ovest, del 24,8% delle persone con basso titolo di studio, di oltre il 24% di chi vive nelle grandi città, con più di 250 mila abitanti. Solo per il 13% degli intervistati, clandestini e irregolari non hanno diritto alla sanità perché non pagano le tasse; per poco più del 5% perché fanno aumentare in modo insopportabile i costi della sanità.
La popolazione immigrata – rileva il Censis – è mediamente più giovane e in salute di quella italiana. Per il momento gli stranieri utilizzano meno le strutture sanitarie (si stima in circa il 65% la quota degli stranieri presente sul territorio italiano iscritti al Servizio sanitario nazionale), che per loro significano soprattutto pronto soccorso (il 5,7% vi si è recato negli ultimi tre mesi rispetto al 3,3% degli italiani) e ricoveri d’urgenza, piuttosto che prevenzione e visite specialistiche.
Per il futuro, una maggiore integrazione degli immigrati comporterà anche livelli più alti di tutela della loro salute, in linea con gli standard degli italiani: occorre preparare quindi il Servizio sanitario nazionale in termini di risorse e di competenze.
Intanto, il ministro dell’Interno Roberto Maroni fa sapere che il cosiddetto ‘permesso di soggiorno a punti’ “è già una legge, perché è nel pacchetto sicurezza approvato l’anno scorso: ora col ministro Sacconi abbiamo trovato un’intesa tecnica sulla sua attuazione e nei prossimi giorni sarà pubblicato il decreto attuativo, ossia un atto amministrativo che determina il regolamento”.
Maroni ha specificato inoltre che tale misura rappresenta “un aiuto all’integrazione e non certo un limite per i cittadini extracomunitari che vengono in Italia per lavorare”, assicurando poi che per raggiungere gli obiettivi di integrazione “ci sono a disposizione strutture pubbliche che non sono a carico del cittadino straniero: poi se questi non vorrà seguire i corsi e raggiungere gli obiettivi sa che verrà espulso”.
“Si tratta – conclude – di uno strumento utile e avanzato di civiltà che sarà molto apprezzato da chi viene a vivere e a lavorare in Italia”.