Un compromesso sull’aborto ha guidato in porto la riforma della sanità. I repubblicani che speravano in una Waterloo per Barack Obama hanno dovuto incassare un’altrettanto clamorosa sconfitta.
Dopo mesi di dibattito e polemiche, di accuse di socialismo, statalismo, stalinismo, il Congresso ha approvato una legge storica, sfuggita per oltre un secolo ai predecessori Obama. Il voto sul filo del rasoio della Camera dei Rappresentanti sul testo del Senato, 219 a 212, è arrivato grazie al sostegno di un manipolo di democratici anti-abortisti che hanno strappato in extremis alla Casa Bianca un decreto sul bando all’uso di fondi pubblici nelle interruzioni volontarie di gravidanza.
La svolta è arrivata e il testo del Senato entra nei codici come ‘Law of the Land’.
Un comunicato della Casa Bianca aveva preceduto di pochi istanti l’annuncio che Bart Stupak, il deputato cattolico leader degli anti-abortisti della Camera, si era spostato sul fronte del sì. Per il suo cambia-bandiera, Stupak è stato insultato da un repubblicano in aula come “baby killer”, uccisore di bambini.
Dopo il voto “giusto” della Camera, Obama è uscito nella East Room con il suo vice Joe Biden per cantare vittoria, ma prima, dall’Ufficio Ovale, ha ringraziato la Speaker Nancy Pelosi: “Hai fatto quel che nessuno prima di te aveva fatto”.
La vittoria ha chiuso una maratona politica di oltre un anno. Dopo il voto sul testo del Senato, la Camera ha approvato un pacchetto di emendamenti che armonizzano la riforma dei senatori con quella che i deputati avevano approvato in novembre.
La Pelosi, madrina della legge quando per Obama tutto sembrava perduto, ha suggellato il via libera con il ‘martello’ usato nel 1965 – era presidente Lyndon Johnson – dal collega John Dingell per sancire l’approvazione di Medicare, la mutua degli anziani.
“Il presidente Roosevelt ha fatto approvare la Social Security; Johnson, il Medicare. Oggi è la volta di Obama”, le ha fatto eco il capogruppo democratico John Larson, sicuro della maggioranza di 216 voti necessari per dare l’assicurazione a 32 milioni di americani che attualmente non l’hanno: tanti sì ad alto rischio, che potrebbero costare il posto a molti suoi colleghi di partito nelle elezioni di metà mandato a novembre.
L’aborto, con l’input dei vescovi cattolici contro la riforma, e le ingenti spese federali (940 miliardi di dollari in 10 anni) sgradite ai conservatori erano i nodi che avevano frenato per mesi il cammino di una riforma che non crea una sanità pubblica alla ‘europea’ ma aiuterà comunque le famiglie povere e della middle class a comprare una polizza dai costi accettabili.
Obamacarè, come l’hanno soprannominata i repubblicani, permetterà ai giovani fino a 26 anni di restare sotto la mutua dei genitori e agli anziani di pagare le medicine senza interruzioni; garantirà una polizza ai malati cronici e a chi ha problemi di salute preesistenti; impedirà infine alle mutue di scaricare chi si ammala. “È fatta”, ha applaudito un liberal critico di Obama, l’economista premio Nobel Paul Krugman.
È stata una vittoria annunciata, ma sul filo del rasoio. Nel corso del dibattito Patrick Kennedy, deputato del Rhode Island, e poi la Speaker Pelosi hanno invocato la causa cara al senatore Ted Kennedy, morto di cancro prima di vederla attuata, mentre i repubblicani minacciavano l’uso di “ogni arma parlamentare disponibile” per fermare i lavori: gli è andata male.
La Commissione Procedure della Camera aveva stabilito alla vigilia le regole del gioco: dopo il voto procedurale sull’agenda dei lavori (224 a 206), oltre due ore di dibattito sulla legge del Senato e sul provvedimento di aggiustamento che tiene conto del testo della Camera, infine la coppia di votazioni sui due testi.
Superato lo scoglio della Camera, il testo del Senato andrà nei prossimi giorni alla firma di Obama, mentre la legge di accompagnamento passerà al Senato per essere votata a maggioranza semplice.
Ci vorrà tempo e il risultato non è scontato: in caso di emendamenti, quel testo tornerebbe alla Camera per un nuovo voto. Per Obama la battaglia per la riforma non è stata la Waterloo auspicata dai suoi avversari, ma non è ancora finita.