Il Festival di Fabio Fazio e Luciana Littizzetto ha chiuso i battenti e sarà forse l’ultimo di questo genere. Serate troppo lente, poca innovazione, poca armonia fra i singoli blocchi, ospiti molto spesso incapaci di avere mordente sul pubblico (tranne nel caso di Renzo Arbore) e messaggi lanciati davvero poco pregnanti. Insomma, un passo indietro rispetto al Festival dell’anno scorso. E lo dimostrano anche gli ascolti, in netto calo per tutte le serate. L’unico appeal lo hanno avuto Ligabue e Raffaella Carrà. Lo specchio di un Paese. A sorpresa il favorito Renga (primo nella classifica provvisoria) esce dal podio, e a trionfare all’Ariston è Arisa, arrivata in finale con “Controvento” e contro l’impossibile duo Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots di “Liberi o no” e Renzo Rubino, scatenato al pianoforte con “Ora”. La cantante lucana, che nel 2009 aveva vinto tra le nuove proposte con “Sincerità”, non ha tradito una grande emozione : “Io non mi scompongo”, ha detto. « Sono felice, è la mia prima volta da big » – ha spiegato in conferenza stampa – « credo che la mia canzone sia estremamente pop, ed era giusto che vincesse visto che Sanremo è un evento pop.
E sono felice di condividere il podio con questi grandi artisti ». Stravolti dunque tutti i pronostici, che volevano Renga e Noemi sul podio. I Perturbazione si sono aggiudicati il premio della Sala Stampa radio-tv-web “Lucio Dalla”, mentre Cristiano De Andrè ha portato a casa il premio della critica “Mia Martini” e quello come miglior testo per “Invisibili”, la canzone non in gara. Nella serata finale di sabato era atteso il comico Maurizio Crozza che l’anno scorso si prese i fischi, entra in scena con uno scudo e parte con un monologo patriotico sulle bellezze e le idee geniali prodotte in Italia nei secoli: “Oscilliamo tra la grande bellezza e l’enorme disastro, tra Michelangelo e Giovanardi”, dice, ricordando che “un italiano ha inventato il pc quando la Apple era sull’albero”. Ancora superospiti e arriva Luciano Ligabue. « Popolare è l’aggettivo migliore che si possa mettere vicino alla parola canzone »”, basta questo, al rocker emiliano, per spiegare la sua (prima) presenza all’Ariston, dove ha cantato “Certe notti”, “Il giorno di dolore che uno ha”, “Il sale della terra” e “Per sempre”. Alla fine, tutti in piedi a urlare “Luciano! Luciano!”. Da sottolineare anche la vittoria di Rocco Hunt nella categoria Nuove Proposte. Il giovanissimo cantante salernitano ha sbaragliato un’agguerrita concorrenza in una finale tutta al maschile, grazie al brano “Nu juorno buono”. Il suo stile a base di ritmi rap e sonorità partenopee ha conquistato pubblico e critica, portando a casa un meritato trionfo. Classe 1994, ha portato all’Ariston un inno alla sua bellissima Campania, ‘la terra del sole, non la terra dei fuochi’.
La dichiarazione d’amore insita nel testo, unita al messaggio sociale di speranza per un riscatto generazionale e regionale ha consentito al rapper salernitano di salire sul primo gradino del podio. Ai molti giudizi critici sulle prime serate del Festival di Sanremo – ritenute un po’ da tutti piuttosto noiose televisivamente e deboli musicalmente – Fabio Fazio ha risposto ai giornalisti in maniera molto combattiva: “Rivendico le scelte che ho fatto, immodestamente non credo di giocarmi la carriera per qualche punto di share. L’azienda mi ha chiesto di costruire il festival e io ci ho messo le cose che mi piacciono. Lo sa che vuol dire sognare di avere Cat Stevens e vederlo sul palco?». Non ce ne vogliano né Fabio Fazio né Luciana Littizzetto, ma dopo un po’, il troppo stroppia. Manca la frizzantezza e il giovanilismo che dovrebbe essere ormai la consuetudine per i programmi musicali presenti sulla televisione italiana, ormai inflazionata dai talent-show sullo stile di X-Factor. Un monito per il prossimo anno.
Bruno Indelicato